LEZIONE 2

(Che cos’è la Comunità europea? Alcune premesse)

© Roberto Bin – Materiali di diritto dell’UE

 

Per capire che cosa sia la Comunità europea dobbiamo partire dalla considerazione critica delle nostre categorie attuali, dei "protocolli" attraverso i quali noi giuristi rappresentiamo le forme note di organizzazione del potere politico. Il concetto di Stato è la categoria che domina il nostro modo di intendere le organizzazioni politiche. L’elemento di partenza è il concetto di Stato moderno, il cui sorgere si fa generalmente risalire al XVI-XVII secolo, se non addirittura alla data precisa del 1648, la data della pace di Westfalia. La conclusione della Guerra dei trent'anni coincise infatti con la crisi, diffusa in Europa, dei modelli di organizzazione politica ereditati dal medioevo. Sia in Inghilterra che in Francia, in particolare, quelli furono gli anni decisivi del tentativo di affermarsi da parte dello Stato assoluto e della resistenza delle istituzioni ereditate ancora dal medioevo alla pretesa assolutistica dai sovrani, resistenza che portò alla vittoria parlamentare contro Carlo I Stuart in Inghilterra e, al contrario, alla sconfitta del parlamento di Parigi e della “fronda” che ostacolava il giovane re Luigi XIV.

 

Da quell'epoca tremenda il pensiero politico ruota attorno allo Stato, a questa nuova entità che si è imposta quale soggetto che detiene il monopolio del diritto e dell'uso “legittimo” (ossia, in base a diritto) della forza coercitiva. Lo Stato è divenuto per noi sinonimo di diritto, sua fonte pressoché esclusiva. Gli stessi studi universitari di diritto ne sono dimostrazione: vi si insegna il diritto privato, il diritto costituzionale, il diritto penale, il diritto commerciale, ecc. tutti i rami del diritto statale. Le piccole nicchie che hanno resistito al diritto dello Stato sono assolutamente periferiche e di scarso significato, per lo più recessive. Per il pensiero giuridico moderno, almeno per quello consolidato, il diritto si distingue dagli altri sistemi prescrittivi (la morale, per esempio) essenzialmente per la tipicità della sanzione, cioè per il potere che lo Stato vanta di usare la forza per sanzionare la violazione della norma “giuridica”. Lo Stato, insomma, domina la scena della teoria del diritto come della teoria dell'organizzazione politica. Il monopolio dello Stato sul suo territorio è espresso dal concetto di sovranità, che è centrale della definizione dello Stato moderno. La sovranità comporta il principio di esclusività: esso sta ad indicare l'integrità del territorio, rispetto al quale nessuno può entrare e uscire senza permesso dello Stato e nel quale vige un unico ordinamento giuridico, quello dello Stato, che non ammette altre autorità, altri produttori di norme giuridiche, altre legittime autorità titolari del potere di coazione. L'esclusività è la pretesa di tutti gli ordinamenti: non a caso “non avrai altro Dio al di fuori di me” è il primo comandamento, posto in esordio della dodici tavole. L'esclusione di altri ordinamenti, non autorizzati dallo Stato, dal proprio territorio è l'essenza stessabdella sovranità: rex in regno suo superiorem non recognoscens imperator est" è l'antica massima che esprime la pretesa di "esclusiva" che è implicita nella sovranità.

 

Nella nostra cultura giuridica occidentale moderna, lo Stato è il pilastro attorno al quale è necessario costruire ogni discorso sull'organizzazione del potere politico. Ogni altro sistema giuridico deve fare i conti con lo Stato, da esso deve prendere le mosse ogni discorso attorno al diritto. Lo Stato crea il diritto nel suo ordinamento, ma crea anche, sopra di sé, l'ordinamento internazionale. Così come lo Stato, al proprio interno, crea le persone giuridiche che agiscono applicando le sue regole, all'esterno, è lo Stato che agisce come persona giuridica di un altro ordinamento che esso stesso, assieme agli altri stati, concorre a formare. Nell'ordinamento internazionale lo Stato diventa soggetto di diritti e di doveri che esso stesso concorre, assieme agli altri stati, a disciplinare attraverso accordi basati sul consenso paritario.

Il diritto internazionale sta in un ambito del tutto diverso, in una dimensione differente da quella in cui lo Stato esercita la sovranità interna. Il diritto internazionale è un ordinamento formato da proprie fonti, proprie procedure di formazione delle norme, che non hanno di regola applicazione diretta nell'ambito del diritto del singolo Stato. I soggetti del diritto internazionale, gli Stati, creano queste norme nell'ambito del diritto internazionale attraverso procedure e regole prescritte dall'ordinamento internazionale stesso; ma perché queste norme possano avere efficacia giuridica all'interno dell'ordinamento statale, è necessario che altre procedure, prescritte dall'ordinamento interno, siano seguite e che apposite norme interne siano prodotte. Infanti e la procedura di formazione di un trattato internazionale, fonte tipica di quest'ordinamento, si sdoppia in (1) una fase disciplinata dal diritto internazionale, che disciplina i modi con i quali la fonte si forma e le sue norme diventano efficaci nel diritto internazionale, e (2) una fase disciplinata dal diritto interno, che si preoccupano di regolare sia la formazione della volontà dello Stato sul piano internazionale, sia la produzione di norme giuridiche interne che servono ad ottemperare agli obblighi che lo Stato assume dal diritto internazionale. Il trattato che si forma validamente nell'ordinamento internazionale deve perciò avere un atto di interno di recepimento, perché le due dimensioni, quelle del diritto internazionale e del diritto interno, sono distinte e separate.

 

Sulla distinzione tra ordinamento internazionale e ordinamento interno si basa uno dei paradigmi attraverso i quali noi siamo in grado, grazie agli schemi della nostra cultura giuridica, di comprendere e sistemare le forme giuridiche di organizzazione del potere politico. Entro questi schemi noi siamo abituati a classificare i fenomeni che noi percepiamo. All'interno dello Stato, e sulla base della disciplina dettata dallo Stato, noi possiamo classificare una serie di soggetti minori attraverso i quali il potere politico si organizza: sono gli enti, per esempio gli enti pubblici territoriali quali la regione, la provincia o il comune, posti nella posizione di tendenziale subordinazione gerarchica rispetto al diritto dello Stato. Lo schema della gerarchia è tipico del diritto pubblico interno, principio che organizza sia, per esempio, il sistema delle fonti, sia le relazioni tra i centri dell'autorità pubblica, sia le relazioni tra gli enti minori. Sul piano internazionale invece il principio che domina non è affatto quello di gerarchia, ma quello di parità e di reciprocità. Il diritto internazionale nasce da un rapporto tra pari, simile a quello che il diritto privato istituisce tra le persone. I soggetti del diritto internazionale – le sue “persone giuridiche”, rappresentate essenzialmente dagli Stati sovrani - sono tutti formalmente uguali, a dispetto delle loro pur profonde differenze di fatto (così come, per il diritto interno, sono eguali, a prescindere delle loro differenze di fatto, le persone che stipulano un contratto). Né vi potrebbe essere un rapporto diverso tra soggetti, gli stati, che rivendicano per sé la prerogativa della sovranità. La sovranità comporta parità così come comporta anche l'assenza di autorità superiori; sicché le relazioni fra stati sovrani non possono che essere basate sulla reciprocità e garantite soltanto da una sanzione che si basa proprio sulla reciprocità, ossia la ritorsione. L'ordinamento internazionale, così come lo ricostruiscono i paradigmi del pensiero politico moderno, è un ordinamento tendenzialmente “piatto”, che si forma in base alla libera e concorde volontà di soggetti eguali, privi di autorità sopraordinate, i cui reciproci impegni sono garantiti esclusivamente dal timore della ritorsione. Una strutturazione, come si vede, in tutto opposta a quella che fare per l'organizzazione all'interno dello Stato.

 

Queste, sia ben chiaro, sono rappresentazioni di base, altamente semplificate, con cui bisogna fare i conti quando si affronta l’esame di una forma di organizzazione politica e che mi servono per introdurre l'analisi della Comunità europea. Ma la Comunità europea mette in crisi proprio questa visione dicotomica. La Comunità europea è un tipo di organizzazione che non si ambienta perfettamente né nella dimensione internazionale, in cui pure nasce, né in quella statale, a cui sicuramente non è ancora approdata e probabilmente non approderà. Da qui lo straordinario interesse teorico che suscita lo sviluppo della Comunità europea.