N. 214                                 

                        SENTENZA 11 LUGLIO 1985                        

               Deposito in cancelleria: 22 luglio 1985.                

      Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 185 bis del 7 agosto 1985.      

                      Pres. ROEHRSSEN - Rel. SAJA                      

   

                        LA CORTE COSTITUZIONALE                        

    composta dai signori: Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN, Presidente -  Avv.

ORONZO  REALE  -  Dott.  BRUNETTO  BUCCIARELLI  DUCCI  -  Avv.  ALBERTO

MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Prof. ANTONIO  LA  PERGOLA  -  Prof.

VIRGILIO  ANDRIOLI  -  Prof.  GIUSEPPE FERRARI - Dott. FRANCESCO SAJA -

Prof. GIOVANNI CONSO - Prof. ETTORE GALLO -  Dott.  ALDO  CORASANITI  -

Prof. GIUSEPPE BORZELLINO, Giudici,                                    

    ha pronunciato la seguente                                          

                               SENTENZA                                

    nei  giudizi  riuniti  di legittimita' costituzionale della legge 3

gennaio 1978 n.  1,  recante  "Accelerazione  delle  procedure  per  la

esecuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali",

promossi  con  ricorsi  della  Provincia  autonoma  di  Bolzano e della

Regione Lombardia, notificati il 10 e 13 febbraio 1978,  depositati  in

cancelleria il 15 e 22 successivo ed iscritti ai nn. 6 e 8 del registro

ricorsi 1978.                                                          

    Visti  gli  atti  di  costituzione del Presidente del Consiglio dei

ministri;                                                               

    udito nell'udienza pubblica dell'11 giugno 1985 il Giudice relatore

Francesco Saja;                                                        

    uditi  l'avv. Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Bolzano,

l'avv. Umberto Pototschnig per la Regione Lombardia e l'Avvocato  dello

Stato Mario Fanelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.      

                          Ritenuto in fatto:                           

    1.  -  Con  ricorso notificato il 13 febbraio 1978 (reg. ric. n.  8

del  1978)  la  Regione  Lombardia  chiedeva  che  venisse   dichiarata

l'illegittimita'  costituzionale  della legge statale 3 gennaio 1978 n.

1, avente per oggetto l'accelerazione delle procedure di esecuzione  di

opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali, per violazione

dell'art.  117  Cost.,  nella  parte  in  cui  le  disposizioni in essa

contenute si applicano alle opere rientranti nella materia "viabilita',

acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale".                  

    La Regione sostiene che gli artt. 1, 3, 5, 7, 10, 12, 14,  15,  16,

21,  22,  23,  25  della  legge  impugnata  invadono  la  sua  sfera di

competenza,  disciplinando  procedure  e  rapporti  gia'  regolati  con

proprie leggi o comunque soggetti alla propria potesta' legislativa.   

    L'incostituzionalita'  della  l.  stat.  n. 1 del 1978 risulterebbe

anche dal fatto che gli artt. 79, 80 e 87 d.P.R. 24 luglio 1977 n.  616

hanno  trasferito  alla  potesta'  delle regioni a statuto ordinario le

materie dell'urbanistica e delle opere pubbliche.   Ben vero,  prosegue

la  ricorrente, che l'art. 35 della legge impugnata affida alle regioni

l'emanazione di  leggi  adatte  ad  accelerare  l'esecuzione  di  opere

pubbliche   secondo  i  principi  fondamentali  enunciati  nella  legge

medesima, ma  gli  altri  articoli,  ossia  quelli  impugnati,  rendono

evidente  come  le  regioni  stesse siano soggette a disposizioni tanto

specifiche e  dettagliate  da  rimanere  vanificata  la  loro  potesta'

legislativa, e non a enunciazioni generali e di principio.             

    2.  -  Con  ricorso notificato il 13 febbraio 1978 (reg. ric.  n. 6

del  1978)  la  Provincia  di  Bolzano  chiede  che  venga   dichiarata

l'illegittimita'  costituzionale  della  stessa legge statale 3 gennaio

1978 n. 1 per violazione degli artt. 8 n. 5, 17, 22 e 28 dello  Statuto

del  Trentino-Alto Adige, ossia per lesione delle potesta', legislativa

primaria  e  amministrativa,  spettanti  alla  Provincia  stessa  nelle

materie dell'urbanistica, della viabilita', acquedotti, lavori pubblici

ed espropriazioni per pubblica utilita'.                               

    La  ricorrente  sostiene  di  avere  esercitato la propria potesta'

legislativa emanando il t.u. 23 giugno 1970 n. 20 e succ. mod.  per  la

materia urbanistica, la l. 20 agosto 1972 n.  15 per le espropriazioni,

la  l. 24 dicembre 1975 n. 55 per l'edilizia scolastica, la l. 3 agosto

1976 n.  26  per  i  lavori  pubblici.  Cio'  nondimeno  -  secondo  la

ricorrente  -  lo Stato si e' ingerito con la legge ora impugnata nelle

dette materie attraverso molteplici disposizioni di dettaglio (artt. 1,

2, 3 e 4) e non di principio, e quindi  tali  da  esorbitare  dai  suoi

legittimi poteri.                                                      

    3.  -  La  Presidenza  del Consiglio dei ministri si costituisce in

entrambe le cause, negando che l. n. 1  del  1978  invada  le  potesta'

legislative  locali  e  sostenendo  che  essa  modifica disposizioni di

precedenti leggi  statali  allo  scopo  di  accelerare  e  semplificare

l'esecuzione  di  opere  pubbliche e percio' in definitiva amplia e non

restringe i poteri regionali.                                           

                        Considerato in diritto:                        

    1. - La Regione Lombardia e la Provincia autonoma di Bolzano  hanno

impugnato  in  via principale, sia pure per motivi diversi, la medesima

legge statale 3 gennaio 1978 n.   1, relativa  all'accelerazione  delle

procedure   per   l'esecuzione   di  opere  pubbliche,  di  impianti  e

costruzioni   industriali;  pertanto,  dato  il  comune  oggetto  delle

impugnazioni, puo' disporsi la riunione dei due giudizi e deciderli con

unica sentenza.                                                        

    2. - La Regione Lombardia si duole che il legislatore statale abbia

violato con la legge suddetta la competenza  legislativa  ripartita  ad

essa  spettante  in tema di urbanistica e di opere pubbliche regionali,

deducendo, quali parametri, l'art. 117 Cost. nonche' gli artt. 79, 80 e

87 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616; precisamente la  ricorrente  eccepisce

che,   sebbene   essa  avesse  gia'  legiferato  in  subiecta  materia,

l'impugnata legge statale, invece di limitarsi a  dettare  disposizioni

di  principio,  conterrebbe  anche  norme  di  dettaglio (in proposito,

vengono indicati gli artt. 1, 3, 7, 10, 12, 14, 15, 16, 21,  22,  23  e

25),  le  quali,  perche'  tali,  invaderebbero appunto la sua sfera di

attribuzione, disciplinando procedure e rapporti gia' regolati da leggi

regionali o comunque soggetti alla potesta' legislativa locale.        

    3. - L'impugnativa non e' fondata.                                 

    Con la ricordata l. n. 1 del 1978 il legislatore  ha  disposto  una

serie  di  misure  intese  ad  accelerare  le  procedure  ed  i modi di

attuazione delle opere pubbliche dello Stato,  delle  regioni  e  degli

altri  enti  territoriali,  al  fine  di  eliminare  gli  inconvenienti

insistentemente lamentati in materia di  lavori  pubblici  e  incidenti

sulla  politica  economica generale. In particolare, tali inconvenienti

traevano origine dagli abituali, notevoli ritardi  nella  realizzazione

delle  opere  suddette,  da  cui derivavano gravi conseguenze negative,

quali  principalmente,  da  un  lato,  lo  sconvolgimento   dei   piani

finanziari,  con  enorme  aumento  di  costi  a  carico  della pubblica

amministrazione, e, dall'altro, le ricorrenti interruzioni dei  lavori,

che   cagionavano   frequenti   stasi  del  livello  di  occupazione  e

appesantivano la posizione delle  imprese,  costrette  ad  un'attivita'

discontinua.                                                            

    Il  legislatore, come risulta dai lavori preparatori (vedasi relaz.

al Disegno di legge, Camera dei Deputati, Atto n. 1432 del 1977),  ebbe

ben  presente  che  la  materia  non  era  estranea  alle  attribuzioni

regionali ed espressamente  avverti'  che  intendeva  rispettare  detta

competenza  ed  emanare percio' una legge-cornice. Il che trova precisa

ed esplicita conferma, in particolare, nell'art. 35,  il  quale  impose

alle   regioni   (naturalmente   a   statuto   ordinario)  di  adottare

legislativamente entro novanta giorni le misure idonee ad accelerare le

procedure  facenti  capo  ad  esse,  secondo  i  principi  fondamentali

previsti dalla legge in questione.                                      

    4.  -  Senonche',  deduce la Regione Lombardia, tale intenzione non

sarebbe  stata  nella  realta'  completamente  tradotta   nella   legge

impugnata,  la  quale, nonostante la precedente legislazione regionale,

conterrebbe le norme sopra specificate, caratterizzate da un  contenuto

analitico  e  puntuale.  In  proposito  va  anzitutto  osservato che la

dedotta   circostanza   della    sussistenza    di    una    precedente

regolamentazione  regionale  non  impediva  allo Stato di esercitare la

potesta', istituzionalmente spettantegli, di ridisciplinare la materia,

tenendo conto dei mutamenti della situazione  e  delle  nuove  esigenze

richiedenti   una   diversa   normativa   piu'  aderente  alla  realta'

socio-economica. E' ben evidente, infatti, come le attribuzioni statali

non vengono paralizzate dalla circostanza che  l'ente  regionale  abbia

precedentemente  emanato  una  legislazione  di  dettaglio,  ma possono

trovare  ulteriore  e  successiva  esplicazione  se diverse esigenze di

politica legislativa, frattanto emerse, lo  richiedano.  Ne'  la  legge

dello  Stato  deve  essere  necessariamente  limitata a disposizioni di

principio, essendo  invece  consentito  l'inserimento  anche  di  norme

puntuali  di dettaglio, le quali sono efficaci soltanto per il tempo in

cui la regione non abbia provveduto ad adeguare  la  normativa  di  sua

competenza  ai nuovi principi dettati dal Parlamento. La pretesa di una

parte  della  dottrina,  secondo  cui   nell'ipotesi   prospettata   la

precedente  normativa  regionale impedirebbe allo Stato di integrare la

legislazione di principio con quella  di  dettaglio,  non  puo'  essere

seguita  dalla  Corte.  Con  essa,  infatti, si perverrebbe all'assurdo

risultato che la preesistente legislazione regionale,  in  difetto  del

necessario  adeguamento  a quella statale successiva, vanificherebbe in

realta'  quest'ultima,  i  cui  (nuovi)  principi  resterebbero   senza

effettiva   applicazione,  sicche'  risulterebbe  compromessa  l'intera

regolamentazione  della  materia  alla  quale  essi   si   riferiscono:

situazione   questa   che   sicuramente  si  sarebbe  verificata  nella

fattispecie, dato che la legge  impugnata  ha  profondamente  innovato,

mediante  disposizioni  dirette  ad  eliminare i gravi inconvenienti in

precedenza verificatisi  e  ispirate  quindi  a  criteri  profondamente

diversi. In proposito e' anche significativo che la legge non sia stata

impugnata   dalle   altre  regioni  ordinarie,  le  quali  hanno  cosi'

chiaramente dimostrato di considerarne legittimo il contenuto,  siccome

ispirato alla fondamentale esigenza di evitare un vuoto legislativo per

tutto  il  tempo  necessario  all'emanazione delle conseguenti norme di

competenza locale. Peraltro, la stessa Regione Lombardia  ha  avvertito

la  necessita' di sostituire, a seguito della nuova normazione statale,

la preesistente propria legislazione,  divenuta  ormai  inidonea  e  di

fatto  inoperante: e a cio' essa ha provveduto con la l. (regionale) 12

settembre 1983 n. 70, con la quale ha recepito  le  disposizioni  della

legge-quadro,  comprese  quelle  di cui aveva particolarmente sostenuto

l'illegittimita' (vedasi artt.  50 e 51 della predetta l. regionale).  

    Sicche' va riconosciuta la legittimita' costituzionale della  legge

impugnata  nella  sua  interezza sino all'entrata in vigore della nuova

normativa regionale, mentre quest'ultima - da quella  data  -  viene  a

sostituire  le  norme di dettaglio della legge (statale) predetta. Deve

pertanto concludersi che non  vi  e'  stata  nessuna  violazione  della

competenza  regionale e che il ricorso della Regione Lombardia non puo'

trovare accoglimento.                                                   

    5. - Differente e' la portata dell'impugnazione della Provincia  di

Bolzano,  la quale, richiamata la disposizione dell'art. 1 l. cit. (che

si riferisce a tutte le regioni anche a statuto speciale,  e  alle  due

province  autonome  di  Trento  e  Bolzano), deduce che la stessa legge

avrebbe violato le sue competenze primarie in materia di urbanistica  e

di   opere   pubbliche  locali.  La  Provincia  muove  chiaramente  dal

presupposto di essere destinataria dell'intera nuova  normativa,  cosi'

come  le  regioni  di  diritto  comune,  e  lamenta conseguentemente il

mancato rispetto dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige.       

    In contrario e' pero' anzitutto da richiamare quanto gia'  rilevato

sulla  volonta'  del  legislatore circa i limiti soggettivi della nuova

normativa: volonta' risultante sia dai  lavori  preparatori  sia  dalle

singole disposizioni della legge, e particolarmente dal citato art. 35.

Il  quale,  disponendo  che  le regioni, entro novanta giorni, dovranno

emanare le norme di dettaglio necessarie  all'attuazione  della  legge,

nel  rispetto  dei  principi fondamentali della materia contenuti nella

legge stessa, non puo', in base alla disciplina del vigente ordinamento

costituzionale, che riferirsi alle regioni a statuto ordinario, sicche'

restano escluse quelle differenziate.                                  

    Ne', sotto altro profilo, sarebbe stato consentito  al  legislatore

statale  legiferare  in  materia,  non  ricorrendo  alcuno  dei  limiti

previsti dallo Statuto  speciale  della  Regione  Trentino-Alto  Adige,

quanto  alla  potesta' legislativa primaria della Provincia di Bolzano:

in particolare la legge impugnata, pur  se  di  notevole  rilievo,  non

comporta  certo,  per il suo contenuto prevalentemente procedimentale e

per il suo carattere temporaneo (art. 1,  settimo  comma),  una  grande

riforma  economico-sociale  in  senso  tecnico; ne' intuitivamente puo'

ritenersi che essa esprima principi generali dell'ordinamento giuridico

ovvero concerna interessi nazionali, la cui  tutela  e'  estranea  alla

competenza  regionale.  Cio'  chiarito,  deve  dedursi,  coordinando la

disposizione dell'art. 1 con quella dell'art. 35 della legge impugnata,

che il legislatore statale non ha voluto imporre in ogni caso la  nuova

disciplina  alle  regioni  a  statuto  speciale  e  alle  due  province

autonome,  dotate  in  subiecta  materia  di  competenza  primaria.  Il

disposto  del  ricordato  art. 1, con il riferimento esteso ai suddetti

enti locali, va inteso, quindi, nel senso dell'applicabilita'  ad  essi

della  sopravvenuta  normativa  soltanto  nel  caso  in  cui ne fossero

sprovvisti: il che e' del tutto corretto, dato che l'applicazione della

legge statale, anche per quanto riguarda le regioni a statuto speciale,

incontra delle  limitazioni  soltanto  nel  caso  in  cui  la  potesta'

legislativa locale sia stata in concreto effettivamente esercitata.    

    Cosi' inteso - e questa sembra l'unica interpretazione possibile in

base  alle  normali  regole  d'ermeneutica  -, il disposto normativo si

presenta costituzionalmente corretto e non  merita  quindi  la  censura

mossa col ricorso in esame.                                             

    Va  infine  rilevato  che,  a  parte  ogni altra considerazione, la

materia regolata dalla  impugnata  legge  presenta  profili  del  tutto

nuovi,  con  implicazioni  vaste  e  complesse.  Pertanto  il censurato

intervento statale trova giustificazione anche  nella  circostanza  che

non  sarebbe  stato  possibile  accertare in astratto ed a priori se la

materia disciplinata fosse realmente coperta dalle singole normative di

tutte le regioni a statuto speciale e delle due  province  autonome;  o

se,  invece,  com'era  piu'  probabile,  sussistessero  dei settori non

regolati da dette normative, con la  conseguenza  che  per  essi  fosse

necessaria e dovesse provvisoriamente applicarsi la disciplina statale.

Trattasi,  comunque,  di un problema di interpretazione delle due leggi

(statale e locale) circa la reciproca portata  e  la  conseguente  loro

applicabilita',  ma  non  e'  in proposito ravvisabile una questione di

legittimita' costituzionale.                                            

                           PER QUESTI MOTIVI                           

                        LA CORTE COSTITUZIONALE                        

    riuniti i ricorsi,                                                  

    a) dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale

della l. 3 gennaio  1978  n.  1,  sollevata  col  ricorso  indicato  in

epigrafe  dalla  Regione  Lombardia in riferimento agli artt. 117 Cost.

nonche' 79, 80 e 87 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616;                      

    b) dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale

della cit. l. n. 1 del 1978, sollevata col ricorso indicato in epigrafe

dalla  Provincia  autonoma di Bolzano in riferimento agli artt. 8 n. 5,

17, 22 e 28 del t.u. delle leggi concernenti lo statuto speciale per il

Trentino-Alto Adige approvato con d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670.        

    Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,

Palazzo della Consulta, l'11 luglio 1985.                              

                                  F.to:  GUGLIELMO  ROEHRSSEN  - ORONZO

                                  REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI  -

                                  ALBERTO  MALAGUGINI - LIVIO PALADIN -

                                  ANTONIO   LA   PERGOLA   -   VIRGILIO

                                  ANDRIOLI   -   GIUSEPPE   FERRARI   -

                                  FRANCESCO SAJA  -  GIOVANNI  CONSO  -

                                  ETTORE  GALLO  -  ALDO  CORASANITI  -

                                  GIUSEPPE BORZELLINO.                 

                                  GIOVANNI VITALE - Cancelliere