Parti Motivazione della sentenza
Nel procedimento C-162/96,
avente ad
oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma
dell'art. 177 del Trattato CE, dal Bundesfinanzhof nella causa dinanzi ad esso
pendente tra
A. Racke GmbH & Co.
e
Hauptzollamt Mainz,
"domanda vertente sull'interpretazione del regolamento (CEE) del Consiglio
11 novembre 1991, n. 3300, recante sospensione delle concessioni commerciali
previste dall'accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea e la
Repubblica socialista federativa di Iugoslavia (GU L 315, pag. 1),
LA CORTE,
composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, C. Gulmann, H.
Ragnemalm e M. Wathelet, presidenti di sezione, J.C. Moitinho de Almeida, P.J.G.
Kapteyn (relatore), J.L. Murray, D.A.O. Edward, G. Hirsch, P. Jann e L. Sevón,
giudici,
avvocato generale: F.G. Jacobs
cancelliere: signora D.
Louterman-Hubeau, amministratore principale
viste le osservazioni scritte
presentate:
- per la A. Racke GmbH & Co., dall'avv. Dietrich Ehle, del
foro di Colonia;
- per il Consiglio dell'Unione europea, dai signori Jürgen
Huber e Micail Vitsentzatos, consiglieri giuridici, e dal signor Antonio Tanca,
membro del servizio giuridico, in qualità di agenti;
- per la Commissione
delle Comunità europee, dal signor Jörn Sack, consigliere giuridico, e dalla
signora Barbara Brandtner, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti,
vista la relazione d'udienza,
sentite le osservazioni orali della A.
Racke GmbH & Co., del Consiglio e della Commissione all'udienza del 15
luglio 1997,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate
all'udienza del 4 dicembre 1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con ordinanza 7
marzo 1996, pervenuta in cancelleria il 13 maggio successivo, il Bundesfinanzhof
ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, due
questioni pregiudiziali vertenti sulla validità del regolamento (CEE) del
Consiglio 11 novembre 1991, n. 3300, recante sospensione delle concessioni
commerciali previste dall'accordo di cooperazione tra la Comunità economica
europea e la Repubblica socialista federativa di Iugoslavia (GU L 315, pag. 1;
in prosieguo: il «regolamento controverso»).
2 Tali questioni sono state
sollevate nell'ambito di una controversia fra la A. Racke GmbH & Co. (in
prosieguo: la «Racke») e lo Hauptzollamt (Ufficio doganale principale) di
Magonza, vertente su un debito relativo ad un dazio doganale sorto in occasione
dell'importazione in Germania di taluni quantitativi di vino originari della
Repubblica socialista federativa di Iugoslavia.
Contesto normativo
3
L'Accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica
federativa di Iugoslavia (nel prosieguo: l'«accordo di cooperazione») è stato
firmato il 2 aprile 1980 a Belgrado dalla Comunità economica europea e dai suoi
Stati membri, da una parte, e dalla Repubblica federativa di Iugoslavia (in
prosieguo: la «Iugoslavia»), dall'altra, e approvato a nome della Comunità con
il regolamento (CEE) del Consiglio 24 gennaio 1983, n. 314 (GU L 41, pag. 1).
4 L'art. 22 dell'accordo di cooperazione quale risulta dall'art. 4 del
Protocollo aggiuntivo a tale accordo che stabilisce un nuovo regime commerciale
(in prosieguo: il «protocollo aggiuntivo»), approvato a nome della Comunità con
decisione del Consiglio 21 dicembre 1987, 87/605/CEE (GU L 389, pag. 72), recita
come segue:
«1. Per i vini di uve fresche delle sottovoci 22.05 ex C I ed ex
C II della tariffa doganale comune presentati in recipienti contenenti due litri
o meno, originari della Iugoslavia, i dazi doganali all'importazione nella
Comunità sono ridotti del 30% nell'ambito di un contingente tariffario
comunitario annuo di 12 000 ettolitri. Per i quantitativi importati oltre detto
contingente la Comunità applica i dazi doganali risultanti dalle disposizioni
del paragrafo 4.
(...)
3. Le disposizioni di cui ai paragrafi 1 e 2
restano in vigore fintantoché i livelli dei dazi doganali previsti nel quadro
della progressiva abolizione di cui al paragrafo 4 per i vini di cui al
paragrafo 1 non abbiano raggiunto il tasso di riduzione del 30% di cui al
paragrafo 1.
4. Per i vini di uve fresche delle sottovoci 22.05 C I e C II
della tariffa doganale comune, originari della Iugoslavia, i dazi doganali
all'importazione nella Comunità sono aboliti secondo le modalità fissate
all'articolo 2, paragrafi 1 e 2 del protocollo aggiuntivo che stabilisce un
nuovo regime commerciale. Questa disposizione si applica nell'ambito di un
contingente tariffario comunitario annuo di 545 000 ettolitri. Per i
quantitativi importati oltre detto contingente la Comunità applica il dazio
della tariffa doganale comune.
(...)».
5 Ai sensi dell'art. 2, n. 1, del
protocollo aggiuntivo, i dazi doganali all'importazione nella Comunità
applicabili in base all'accordo di cooperazione sono gradualmente aboliti nel
corso degli stessi periodi e agli stessi ritmi previsti nell'Atto relativo alle
condizioni di adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese e agli
adattamenti dei trattati (GU 1985, L 302, pag. 23) per i medesimi prodotti
importati da detti paesi nella Comunità nella sua composizione al 31 dicembre
1985. Quando i dazi doganali applicati all'importazione nella Comunità, nella
sua composizione al 31 dicembre 1985, dei prodotti provenienti dalla Spagna e
dal Portogallo sono diversi per i due paesi, si applica ai prodotti originari
della Iugoslavia il più elevato dei due dazi doganali. Secondo l'art. 2, n. 2,
allorché la Iugoslavia fruisce di dazi doganali meno elevati di quelli applicati
alla Spagna o al Portogallo o ad entrambi i paesi, lo smantellamento ha inizio
dal momento in cui i dazi applicati agli stessi prodotti della Spagna e del
Portogallo raggiungono un livello inferiore a quello dei dazi applicati ai
prodotti originari della Iugoslavia.
6 Ai sensi dell'art. 1 del regolamento
(CEE) del Consiglio 19 novembre 1990, n. 3413, recante apertura e modalità di
gestione di contingenti tariffari comunitari di taluni prodotti originari della
Iugoslavia (1991) (GU L 335, pag. 26), i dazi doganali all'importazione nella
Comunità dei vini di uve fresche corrispondenti ai codici NC ex 2204 21 e 2204
29 originari della Iugoslavia sono sospesi dal 1_ gennaio al 31 dicembre 1991 ai
livelli di 3,6, 4,4, 4,8 o 5,6 ecu/hl e nei limiti di un contingente di 545 000
hl. Inoltre, gli artt. 2-4 del regolamento n. 3413/90 determinano le modalità di
accesso degli importatori dei prodotti in questione al contingente.
7 Ai
sensi dell'art. 60 dell'accordo di cooperazione, questo ha una durata
illimitata. Ciascuna parte può tuttavia denunciarlo mediante notifica all'altra
parte. In tal caso la validità dell'accordo cesserà sei mesi dopo la data della
notifica.
8 Con decisione 11 novembre 1991, 91/586/CECA,CEE, recante
sospensione dell'applicazione degli accordi tra la Comunità europea, i suoi
Stati membri e la Repubblica socialista federativa di Iugoslavia (GU L 315, pag.
47), il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti
nell'ambito del Consiglio, sospendevano l'applicazione degli accordi di
cooperazione, con effetto immediato, per le seguenti ragioni, precisate nei
`considerando' secondo, terzo, quarto e quinto della decisione:
«(...)
considerando che nelle loro dichiarazioni del 5 e del 28 ottobre 1991 la
Comunità europea ed i suoi Stati membri, riuniti nel quadro della cooperazione
politica europea, hanno constatato la crisi in Iugoslavia e che il Consiglio di
sicurezza delle Nazioni Unite ha espresso, nella sua risoluzione 713 (1991), la
preoccupazione che la continuazione di questa situazione costituisca una
minaccia per la pace e la sicurezza internazionali ;
considerando che il
proseguimento delle ostilità e le loro conseguenze per i rapporti economici e
commerciali, tanto tra le Repubbliche della Iugoslavia quanto con la Comunità,
costituiscono una modifica radicale delle condizioni nelle quali l'accordo di
cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica socialista
federativa di Iugoslavia ed i suoi protocolli, nonché l'accordo relativo alla
Comunità europea del carbone e dell'acciaio, sono stati conclusi; che essi
mettono in causa l'applicazione di questi;
considerando che l'appello fatto
il 6 ottobre 1991 a Haarzuilens dalla Comunità europea e dai suoi Stati membri,
riuniti nel quadro della cooperazione politica europea, per il rispetto
dell'accordo di tregua raggiunto il 4 ottobre 1991 all'Aia non è stato inteso;
considerando che nella dichiarazione del 6 ottobre 1991 la Comunità europea
ed i suoi Stati membri, riuniti nel quadro della cooperazione politica europea,
hanno annunciato la propria decisione di porre fine agli accordi tra la Comunità
e la Iugoslavia qualora non fosse rispettato l'accordo raggiunto il 4 ottobre
1991 all'Aia tra le parti in conflitto, in presenza del presidente del Consiglio
delle Comunità europee e del presidente della conferenza sulla Iugoslavia».
9 Il regolamento controverso dispone, all'art. 1, che le concessioni
commerciali fatte con l'accordo di cooperazione o a norma di esso sono sospese.
Ai sensi dell'art. 3, questo regolamento entra in vigore il giorno della
pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, cioè il 15
novembre 1991.
10 Il primo, secondo, terzo e quarto `considerando' di tale
regolamento riproducono i motivi elencati nel preambolo della decisione 91/586,
sopra citata.
11 Ai sensi dell'art. 60 dell'accordo di cooperazione, il
Consiglio adottava la decisione 25 novembre 1991, 91/602/CEE, relativa alla
denuncia dell'accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea e la
Repubblica socialista federativa di Iugoslavia (GU L 325, pag. 23). Secondo
l'art. 2, questa decisione, che denuncia l'accordo nonché tutti i protocolli e
gli atti ad esso relativi, prende effetto il giorno della pubblicazione, cioè il
27 novembre 1991.
12 Per taluni prodotti, tra i quali comunque non figurano
i vini, il Consiglio, con regolamento (CEE) 2 dicembre 1991, n. 3567, relativo
al regime applicabile alle importazioni di prodotti originari delle Repubbliche
di Bosnia-Erzegovina, Croazia, Macedonia e Slovenia (GU L 342, pag. 1),
concedeva a queste Repubbliche il beneficio di disposizioni commerciali
essenzialmente equivalenti a quelle dell'accordo di cooperazione sospeso dalla
Comunità.
13 Il regolamento (CEE) del Consiglio 3 febbraio 1992, n. 545,
relativo al regime applicabile alle importazioni nella Comunità di prodotti
originari delle Repubbliche di Croazia e Slovenia e delle Repubbliche iugoslave
di Bosnia-Erzegovina, Macedonia e Montenegro (GU L 63, pag. 1), manteneva tali
misure per l'anno 1992 e le estendeva a taluni prodotti agricoli tra cui i vini
di uve fresche corrispondenti ai codici NC ex 2204 21 e 2204 29, originari delle
Repubbliche suddette. Così, l'art. 6 del regolamento n. 545/92 dispone che, per
tali vini, i dazi doganali all'importazione sono ridotti all'aliquota di 3,2
ecu/hl o di 3,7 ecu/hl nei limiti di un contingente annuo di 545 000 hl.
14
Ai sensi dell'art. 1 del regolamento (CEE) del Consiglio 3 febbraio 1992, n.
547, recante apertura e modalità di gestione di contingenti tariffari comunitari
per taluni prodotti originari delle Repubbliche di Croazia e Slovenia e delle
Repubbliche iugoslave di Bosnia-Erzegovina, Macedonia e Montenegro (GU L 63,
pag. 41), i dazi doganali applicabili all'importazione nella Comunità dei vini
di uve fresche corrispondenti ai codici NC ex 2204 21 e 2204 29, originari di
queste Repubbliche, venivano sospesi dal 1_ gennaio al 31 dicembre 1992 ai
livelli di 2,4, 2,9, 3,2 o 3,7 ecu/hl ed entro un contingente di 545 000 hl. Gli
artt. 2-4 di questo regolamento determinano le modalità di accesso al
contingente da parte degli importatori dei prodotti considerati.
La causa
principale
15 Tra il 6 novembre 1990 e il 27 aprile 1992 la Racke faceva
sdoganare in Germania dei vini importati dalla zona di produzione del Kosovo,
ponendoli in regime di deposito doganale in un magazzino privato. Il 7 maggio
1992 essa dichiarava le partite messe in libera pratica calcolando il dazio
doganale in base all'aliquota preferenziale prevista nell'accordo di
cooperazione.
16 Con decisione 27 maggio 1992, lo Hauptzollamt di Magonza
esigeva però la differenza tra il dazio applicabile ai paesi terzi e il dazio
preferenziale, in quanto i vini erano stati importati dalla Serbia.
17
Contro tale decisione la Racke proponeva un ricorso dinanzi al Finanzgericht, il
quale lo accoglieva nella parte relativa ai vini importati prima del 15 novembre
1991, ma lo respingeva quanto al resto poiché la sospensione, da parte del
regolamento controverso, delle concessioni commerciali conferite dall'accordo di
cooperazione era giustificata dal verificarsi di un radicale cambiamento della
situazione, cioè la guerra in Iugoslavia.
18 La Racke presentava un ricorso
per cassazione (Revision) dinanzi al Bundesfinanzhof, che si chiede anzitutto se
la sospensione unilaterale dell'accordo di cooperazione risponda alle condizioni
enunciate dall'art. 62, n. 1, della convenzione di Vienna del 23 maggio 1969 sul
diritto dei trattati (in prosieguo: la «convenzione di Vienna»).
19 L'art.
62 della convenzione di Vienna recita:
«1. Un fondamentale mutamento delle
circostanze che si sia prodotto in relazione a quelle che esistevano al momento
della conclusione di un trattato e che non era stato previsto dalle parti non
può essere invocato come motivo per porre termine al trattato o per ritirarsi da
esso a meno che:
a) l'esistenza di tali circostanze non abbia costituito una
base essenziale per il consenso delle parti ad essere vincolate dal trattato; e
che
b) tale cambiamento non abbia l'effetto di trasformare radicalmente il
peso degli obblighi che restano da eseguire in base al trattato.
(...)
3. Se una parte può, in base ai paragrafi precedenti, invocare un
fondamentale mutamento delle circostanze quale motivo per porre termine ad un
trattato o per recedere da questo, essa può anche invocarlo soltanto come motivo
di sospensione dell'applicazione del trattato».
20 Secondo il giudice a quo,
lo smembramento della Iugoslavia in diversi nuovi Stati e le ostilità al suo
interno che sarebbero analoghi ad una svolta politica, implicherebbero una
modifica fondamentale delle circostanze essenziali alla base del consenso delle
parti contraenti vincolate dall'accordo di cooperazione. Per contro, il
cambiamento verificatosi non sembrerebbe trasformare radicalmente la portata
degli obblighi derivanti dall'accordo di cooperazione, che sarebbe soprattutto
un trattato di natura commerciale.
21 Il Bundesfinanzhof si chiede poi se,
tenuto conto dell'art. 65 della convenzione di Vienna, fosse lecito procedere
alla sospensione dell'accordo di cooperazione senza previa notifica né
preavviso, se vi fosse una particolare urgenza e se il tempo trascorso prima del
momento del pagamento dei dazi di cui trattasi potesse sanare eventuali
irregolarità procedurali.
22 L'art. 65, n. 1, della convenzione di Vienna
dispone che la parte la quale, in base alle disposizioni di tale convenzione,
invoca un motivo per porre termine ad un trattato, per recederne o per
sospenderne l'applicazione deve notificare la sua pretesa alle altre parti
contraenti. Tale notifica deve indicare il provvedimento previsto nei confronti
del trattato e le ragioni che l'hanno determinato. L'art. 65, n. 2, della
convenzione di Vienna dispone inoltre che, se, dopo un periodo di tempo che,
salvo il caso di particolare urgenza, non deve essere inferiore a tre mesi dal
ricevimento della notifica, nessuna parte ha sollevato obiezioni, la parte
notificante può adottare, nelle forme previste dall'art. 67, il provvedimento
previsto. Ai sensi dell'art. 65, n. 3, della convenzione di Vienna, qualora
un'altra parte abbia sollevato obiezioni, le parti dovranno cercare una
soluzione facendo uso dei mezzi indicati nell'art. 33 della Carta delle Nazioni
Unite.
23 Tenuto conto di tali dubbi, il Bundesfinanzhof ha deciso di
sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni
pregiudiziali:
«1) Se sia valido il regolamento (CEE) del Consiglio 11
novembre 1991, n. 3300, recante sospensione delle concessioni commerciali
previste dall'accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea e la
Repubblica socialista federativa di Iugoslavia (GU L 315, pag. 1).
2) In
caso di soluzione negativa della questione sub 1):
Quali conseguenze debbano
trarsi dall'invalidità in relazione ad un'operazione di sdoganamento, effettuata
all'inizio del maggio 1992 e avente ad oggetto vini di provenienza serba,
importati nel periodo compreso tra la metà del novembre 1991 e l'aprile 1992 e
posti in deposito doganale.
Se siano al riguardo applicabili le agevolazioni
doganali connesse ai contingenti aperti nel 1992 per vini provenienti dalla ex
Iugoslavia, ad eccezione della Serbia».
Sulla prima questione
24 Occorre
osservare, in via preliminare, che, sebbene non vincolanti per la Comunità e per
tutti gli Stati membri di questa, varie disposizioni della convenzione di
Vienna, tra cui l'art. 62, rispecchiano le norme del diritto internazionale che
sanciscono, subordinatamente a talune condizioni, il principio per cui un
cambiamento di circostanze può comportare la caducità o la sospensione di un
trattato. In questo senso la Corte internazionale di giustizia ha affermato che
questo principio e le condizioni eccezionali alle quali è subordinato sono stati
enunciati nell'art. 62 della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, che
può, sotto vari aspetti, considerarsi come una codificazione del diritto
consuetudinario esistente riguardo alla cessazione delle relazioni convenzionali
a motivo di un cambiamento di circostanze (sentenza 2 febbraio 1973, causa della
competenza in materia di zone di pesca, Regno Unito/Islanda, Raccolta delle
sentenze, pareri consultivi e ordinanze, 1973, pag. 3, punto 36).
Sulla
competenza della Corte
25 Dal momento che la prima questione verte sulla
validità del regolamento controverso con riguardo alle regole del diritto
consuetudinario internazionale, la Commissione ha manifestato taluni dubbi sulla
competenza della Corte a statuire su di essa. Nonostante tale regolamento
costituisca, ai sensi dell'art. 177, primo comma, lett. b), del Trattato, un
atto compiuto dalla Comunità, il procedimento pregiudiziale non si presterebbe
tuttavia allo sviluppo di un'argomentazione fondata sul solo diritto
internazionale, e in particolare sui principi che regolano l'estinzione dei
trattati e la sospensione della loro applicazione.
26 Occorre ricordare che,
come ha già deciso la Corte nella sentenza 12 dicembre 1972, cause riunite
21/72-24/72, International Fruit Company e a. (Racc. pag. 1219, punto 5), alla
competenza della Corte a pronunziarsi, ai sensi dell'art. 177 del Trattato,
sulla validità degli atti compiuti dalle istituzioni della Comunità non è posto
alcun limite per quanto riguarda le cause dell'asserita invalidità di tali atti.
27 Poiché questa competenza si estende a tutti i motivi d'invalidità che
possono infirmare tali atti, la Corte è tenuta ad esaminare se la loro validità
possa essere inficiata dalla loro contrarietà ad una norma di diritto
internazionale (sentenza International Fruit Company e a., di cui sopra, punto
6).
28 Di conseguenza, si deve rilevare che la Corte è competente a
pronunciarsi sulla prima questione pregiudiziale.
Sulla validità del
regolamento controverso
29 Si deve osservare che la questione della validità
del regolamento controverso con riguardo al diritto internazionale
consuetudinario si pone, incidentalmente, in occasione di una lite nella quale
la Racke domanda l'applicazione del regime di dazi doganali ad aliquota
preferenziale previsto dall'art. 22 dell'accordo di cooperazione.
30 Di
conseguenza occorre innanzitutto esaminare se l'art. 22, n. 4, che trova
applicazione nella causa principale, come indicato dall'oggetto dei regolamenti
sui contingenti menzionati nell'ordinanza di rinvio, sia idoneo a conferire
direttamente agli amministrati dei diritti ad un trattamento doganale
preferenziale.
31 Secondo la costante giurisprudenza della Corte, una
disposizione di un accordo stipulato dalla Comunità con paesi terzi va
considerata direttamente efficace qualora, tenuto conto del suo tenore
letterale, nonché dell'oggetto e della natura dell'accordo, implichi un obbligo
chiaro e preciso la cui esecuzione e i cui effetti non siano subordinati
all'adozione di alcun atto ulteriore (v., in particolare, sentenza 30 settembre
1987, causa 12/86, Demirel, Racc. pag. 3719, punto 14).
32 Per determinare
se l'art. 22, n. 4, dell'accordo di cooperazione risponda a tali criteri,
occorre procedere anzitutto all'esame del suo testo.
33 Tale disposizione,
secondo il suo stesso dettato, deve essere attuata attraverso atti comunitari
affinché sia aperto, secondo le modalità fissate all'art. 2, nn. 1 e 2, del
protocollo aggiuntivo, il contingente tariffario comunitario annuo, non
disponendo la Comunità di alcun margine discrezionale nell'adozione di tali
misure. La Comunità è infatti tenuta a procedere in tempo utile al calcolo
esatto dei dazi doganali in conformità a queste disposizioni.
34 Ne deriva
che l'art. 22, n. 4, dell'accordo di cooperazione è idoneo a conferire, per
quanto riguarda il trattamento doganale preferenziale da esso previsto, diritti
che gli amministrati possono far valere dinanzi ai giudici nazionali.
35
Tale considerazione non è, peraltro, contraddetta dall'esame dello scopo e della
natura dell'accordo di cui l'art. 22, n. 4, fa parte.
36 L'accordo di
cooperazione ha infatti lo scopo di promuovere lo sviluppo degli scambi
commerciali tra le parti contraenti e di eliminare gradualmente gli ostacoli per
la parte essenziale dei loro scambi. Dopo la fine della prima fase di tale
liberalizzazione, intervenuta il 30 giugno 1985, il protocollo aggiuntivo ha
stabilito il regime successivo degli scambi commerciali. In tale contesto l'art.
22, n. 4, nella versione che risulta dall'art. 4 del protocollo aggiuntivo,
fissa, per taluni vini, un contingente tariffario comunitario entro il quale
vengono aboliti i dazi doganali all'importazione nella Comunità.
37 Occorre
poi esaminare se, nel far valere in giudizio il trattamento doganale
preferenziale che gli concede l'art. 22, n. 4, dell'accordo di cooperazione,
modificato, un amministrato possa mettere in discussione la validità, con
riguardo alle norme del diritto internazionale consuetudinario, del regolamento
controverso, che sospende, a partire dal 15 novembre 1991, le concessioni
commerciali conferite da tale accordo.
38 A questo riguardo il Consiglio
sostiene che l'adozione del regolamento controverso è stata preceduta, tanto dal
punto di vista logico quanto da quello giuridico, dall'adozione della decisione
91/586, recante, sul piano internazionale, sospensione dell'applicazione
dell'accordo di cooperazione. L'adozione del regolamento controverso, dal canto
suo, era doverosa dal momento che le concessioni commerciali previste da detto
accordo erano state attuate mediante una normativa comunitaria interna.
39
Orbene, secondo il Consiglio, visto che il diritto internazionale non determina
in modo vincolante le sanatorie da attuare in caso di violazione delle sue
norme, l'eventuale loro violazione da parte della decisione 91/586 non
porterebbe necessariamente alla riviviscenza dell'accordo di cooperazione e,
conseguentemente, a livello comunitario, all'invalidità del regolamento
controverso a causa del contrasto con l'accordo tornato applicabile. Così, la
violazione del diritto internazionale potrebbe ugualmente essere sanzionata
attraverso l'indennizzo, di modo che l'accordo di cooperazione resterebbe
sospeso. Pertanto, al fine di valutare la validità del regolamento controverso,
la Corte non avrebbe bisogno di esaminare se la sospensione dell'accordo di
cooperazione ad opera della decisione 91/586 violi le norme del diritto
internazionale.
40 Occorre anzitutto rilevare che la questione posta dal
giudice a quo verte unicamente sulla validità del regolamento controverso con
riguardo alle norme del diritto consuetudinario internazionale.
41 Si deve
anche sottolineare che un accordo con un paese terzo, stipulato dal Consiglio in
conformità alle disposizioni del Trattato CE, costituisce, per quanto riguarda
la Comunità, un atto compiuto da una delle sue istituzioni e che le disposizioni
di un siffatto accordo costituiscono parte integrante del diritto comunitario
(sentenza Demirel, citata, punto 7).
42 Orbene, se il regolamento
controverso dovesse essere dichiarato invalido, le concessioni commerciali
conferite dalle disposizioni dell'accordo di cooperazione resterebbero
applicabili nell'ordinamento giuridico comunitario fintantoché la Comunità non
abbia posto fine all'accordo medesimo conformemente alle pertinenti norme del
diritto internazionale.
43 Ne consegue che una dichiarazione d'invalidità
del regolamento controverso a motivo del contrasto con norme di diritto
internazionale consuetudinario permetterebbe agli amministrati d'invocare
direttamente i diritti al trattamento preferenziale che conferisce loro
l'accordo di cooperazione.
44 La Commissione, quanto ad essa, dubita del
fatto che le norme del diritto internazionale alle quali si riferisce
l'ordinanza di rinvio possano essere considerate, in mancanza di una clausola
espressa nel Trattato CE, far parte dell'ordinamento giuridico comunitario.
Orbene, per contestare la validità di un regolamento, un amministrato potrebbe
basarsi su motivi relativi al rapporto esistente tra esso e la Comunità, ma non
avrebbe, per contro, il diritto d'invocare motivi relativi al rapporto giuridico
tra la Comunità ed uno Stato terzo, che rientra invece nell'ambito del diritto
internazionale.
45 A questo proposito occorre rilevare che, come risulta
dalla sentenza 24 novembre 1992, causa C-286/90, Poulsen e Diva Navigation
(Racc. pag. I-6019, punto 9), le competenze della Comunità devono venir
esercitate nel rispetto del diritto internazionale. Di conseguenza essa è tenuta
a rispettare le norme del diritto consuetudinario internazionale allorché adotta
un regolamento che sospende le concessioni commerciali conferite da un accordo o
in forza di un accordo che essa ha stipulato con un paese terzo.
46 Ne
deriva che le norme del diritto consuetudinario internazionale relative alla
cessazione e alla sospensione delle relazioni convenzionali a motivo di un
cambiamento fondamentale di circostanze vincolano le istituzioni della Comunità
e fanno parte dell'ordinamento giuridico comunitario.
47 Occorre poi
rilevare che nel caso di specie l'amministrato mette in discussione, in via
incidentale, la validità di un regolamento comunitario con riguardo a dette
norme per avvalersi dei diritti derivantigli direttamente da un accordo
stipulato dalla Comunità con un paese terzo. La presente causa non riguarda
dunque l'effetto diretto di tali norme.
48 In effetti, l'amministrato invoca
norme di diritto consuetudinario internazionale di natura fondamentale nei
confronti del regolamento controverso, il quale è stato adottato in applicazione
di tali norme e lo priva dei diritti al trattamento preferenziale che detto
accordo gli attribuisce (per una situazione analoga per quanto riguarda le norme
base di natura convenzionale, v. sentenza 7 maggio 1991, causa C-69/89,
Nakajima/Consiglio, Racc. pag. I-2069, punto 31).
49 Le norme invocate
dall'amministrato costituiscono un'eccezione al principio «pacta sunt servanda»,
che costituisce un principio fondamentale di ogni ordinamento giuridico e, in
particolare, dell'ordinamento giuridico internazionale. Applicato al diritto
internazionale, tale principio vuole che ogni trattato vincoli le parti e che
queste lo attuino in buona fede (v. art. 26 della convenzione di Vienna).
50
L'importanza di tale principio è stata ricordata dalla Corte internazionale di
giustizia, secondo cui la stabilità delle relazioni convenzionali esige che il
motivo relativo a un cambiamento fondamentale delle circostanze trovi
applicazione solo in casi eccezionali (sentenza 25 settembre 1997, causa
relativa al progetto Gabcícovo - Nagymaros, Ungheria/Slovacchia, punto 104, non
ancora pubblicata nella Raccolta delle sentenze, pareri consultivi e ordinanze).
51 Ciò considerato, non può negarsi a un amministrato, allorché si avvalga
giudizialmente dei diritti conferitigli direttamente da un accordo con un paese
terzo, la facoltà di mettere in discussione la validità di un regolamento che,
sospendendo le concessioni commerciali conferite da tale accordo, gli impedisca
di avvalersene, né gli si può negare la facoltà d'invocare, al fine di
contestarne la validità, gli obblighi derivanti dalle norme del diritto
consuetudinario internazionale che disciplinano la cessazione e la sospensione
delle relazioni convenzionali.
52 Tuttavia, a motivo della complessità delle
norme di cui trattasi e dell'imprecisione di talune nozioni alle quali esse si
riferiscono, il controllo giurisdizionale deve necessariamente limitarsi, in
particolare nell'ambito di un rinvio pregiudiziale in materia di validità di un
atto, a determinare se il Consiglio, adottando il regolamento di sospensione,
abbia commesso manifesti errori di valutazione quanto alle condizioni per
l'applicazione di tali norme.
53 Affinché si possa prendere in
considerazione la necessità della cessazione o della sospensione di un accordo a
motivo di un mutamento fondamentale delle circostanze, il diritto
consuetudinario internazionale, come codificato nell'art. 62, n. 1, della
convenzione di Vienna, impone due condizioni. In primo luogo, l'esistenza di
tali circostanze deve avere costituito una base essenziale per il consenso delle
parti ad essere vincolate dall'accordo; in secondo luogo, tale cambiamento deve
avere l'effetto di trasformare radicalmente la portata degli obblighi che
restano da adempiere in base all'accordo.
54 Riguardo alla prima condizione,
occorre rilevare che, secondo il preambolo dell'accordo di cooperazione, le
parti contraenti sono determinate «a promuovere lo sviluppo e la
diversificazione della cooperazione economica, finanziaria e commerciale al fine
di favorire un migliore equilibrio nonché il miglioramento della struttura e lo
sviluppo del volume dei loro scambi commerciali e l'incremento del benessere
delle loro popolazioni» e sono consapevoli «della necessità di tener conto della
nuova situazione creatasi in seguito all'ampliamento della Comunità e di
rafforzare gli esistenti vincoli di vicinato per organizzare rapporti economici
e commerciali più armoniosi fra la Comunità e la Repubblica socialista
federativa di Iugoslavia». In base a tali considerazioni, l'art. 1 dell'accordo
dichiara che questo «si prefigge di promuovere una cooperazione globale tra le
parti contraenti per contribuire allo sviluppo economico e sociale della
Repubblica socialista federativa di Iugoslavia e favorire il consolidamento
delle loro relazioni».
55 Data la portata di tale obiettivo, la
conservazione di una situazione di pace in Iugoslavia, indispensabile per i
rapporti di buon vicinato, e l'esistenza di istituzioni capaci di provvedere
alla realizzazione della cooperazione perseguita dall'accordo in tutto il
territorio della Iugoslavia costituivano una condizione essenziale per iniziare
e proseguire la cooperazione prevista dall'accordo medesimo.
56 Per quanto
riguarda la seconda condizione, non risulta che il Consiglio abbia commesso un
manifesto errore di valutazione nel rilevare, nel secondo `considerando' del
regolamento controverso, che «il proseguimento delle ostilità e le loro
conseguenze per i rapporti economici e commerciali, tanto tra le Repubbliche
della Iugoslavia quanto con la Comunità, costituiscono una modifica radicale
delle condizioni nelle quali l'accordo di cooperazione fra la Comunità economica
europea e la Repubblica socialista federativa di Iugoslavia ed i suoi protocolli
sono stati conclusi» e «che essi mettono in causa l'applicazione di questi».
57 Anche se è vero che, come afferma la Racke, il commercio con la
Iugoslavia, per un determinato volume, doveva proseguire e che la Comunità
avrebbe potuto continuare ad accordare concessioni tariffarie, non di meno, come
osserva l'avvocato generale al paragrafo 93 delle sue conclusioni,
l'applicazione delle norme di diritto consuetudinario internazionale di cui
trattasi non è subordinata all'impossibilità di adempiere un obbligo e il
mantenimento delle preferenze, nell'intenzione di stimolare gli scambi, non
aveva più senso dal momento che la Iugoslavia era in via di disfacimento.
58
Per quanto riguarda poi la questione, sollevata nell'ordinanza di rinvio, se,
alla luce dell'art. 65 della convenzione di Vienna, fosse lecito procedere alla
sospensione dell'accordo di cooperazione senza notifica né preavviso, occorre
rilevare che, nelle dichiarazioni comuni del 5, 6 e 28 ottobre 1991, la Comunità
e gli Stati membri avevano annunciato misure restrittive nei confronti di quelle
parti che non rispettassero l'accordo di cessate il fuoco da esse firmato il 4
ottobre 1991 in presenza del presidente del Consiglio e del presidente della
conferenza sulla Iugoslavia; inoltre, in fase di conclusione dell'accordo, la
Comunità aveva fatto sapere che, qualora questo non fosse stato rispettato, essa
avrebbe posto termine all'accordo di cooperazione (Boll. CE 10-1991, punti
1.4.6, 1.4.7 e 1.4.16).
59 Anche se dichiarazioni come queste non soddisfano
i requisiti formali prescritti da detta norma, si deve ricordare che le
specifiche disposizioni di natura procedurale in essa contenute non fanno parte
del diritto internazionale consuetudinario.
60 Pertanto, occorre concludere
che l'esame della prima questione non ha messo in luce alcun elemento idoneo ad
inficiare la validità del regolamento di sospensione.
61 Data la soluzione
fornita alla prima questione pregiudiziale, non occorre pronunciarsi sulla
seconda.