Parere della Corte del 28 marzo 1996.
Adesione della Comunità alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
Parere 2/94.

raccolta della giurisprudenza 1996 pagina I-01759

 

Il Consiglio dell'Unione europea ha richiesto alla Corte, con domanda depositata nella cancelleria il 26 aprile 1994, un parere.

Il Consiglio chiede il parere della Corte in merito alla seguente decisione:

"Se l'adesione della Comunità europea alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali 4 novembre 1950 (in prosieguo: la "Convenzione") sia compatibile con il Trattato istitutivo della Comunità europea".

Sull'ammissibilità della richiesta di parere.

I governi irlandese e del Regno Unito, ma anche i governi danese e svedese, hanno sostenuto l'inammissibilità della richiesta e ne hanno, quanto meno, rilevato il carattere prematuro. Secondo i detti governi, non esisterebbe alcun accordo il cui contenuto sia sufficientemente preciso per consentire alla Corte di procedere all'esame della compatibilità dell'adesione con il Trattato. I detti governi hanno sostenuto che non potrebbe parlarsi di un accordo previsto quando il Consiglio non si è nemmeno pronunciato in via di principio circa l'avvio dei negoziati dell'accordo.

Si deve ricordare al riguardo che l'art. 228, n. 6, del Trattato è diretto, come rilevato dalla Corte, da ultimo, nel parere 3/94, del 13 dicembre 1995, ad evitare le complicazioni derivanti da ricorsi relativi alla compatibilità col Trattato di accordi internazionali che vincolano la Comunità.

Al fine di evitare tali complicazioni, il Trattato ha istituito il procedimento eccezionale con cui la Corte viene interpellata in via preliminare al fine di accertare, prima della stipulazione dell'accordo, la sua compatibilità con il Trattato.

Per quanto attiene all'esistenza di un progetto d'accordo, si deve necessariamente rilevare che nella specie, con riguardo sia al momento in cui la Corte è stata adita, sia a quello in cui essa pronuncia il proprio parere, i negoziati non sono stati ancora avviati, né è stato determinato il contenuto preciso dell'accordo con cui la Comunità intenderebbe aderire alla Convenzione.

L'adesione della Comunità alla Convenzione solleva due problemi principali, vale a dire, da un lato, quello della capacità della Comunità di concludere un accordo di tal genere e, dall'altro, quello della compatibilità dell'accordo medesimo con le disposizioni del Trattato, in particolare quelle relative alla competenza della Corte.

Per quanto attiene alla questione della competenza della Comunità, si deve ricordare che nel parere 1/78, del 4 ottobre 1979 (Racc. pag. 2871, punto 35), la Corte ha affermato che, qualora si tratti di risolvere tale questione, è nell'interesse delle istituzioni comunitarie e degli Stati interessati, ivi compresi i paesi terzi, che la questione sia chiarita sin dall'avvio dei negoziati e prima ancora che siano stabiliti gli elementi essenziali dell'accordo.

L'unica condizione che la Corte ha fissato nel detto parere è che l'oggetto dell'accordo previsto sia conosciuto prima dell'avvio dei negoziati.

Orbene, non si può dubitare che, con riguardo alla richiesta di parere in esame, l'oggetto dell'accordo previsto sia conosciuto.

Si deve rilevare, inoltre, che la richiesta di parere, nella misura in cui attiene alla questione della competenza della Comunità, è formulata in termini sufficientemente chiari e che una decisione formale del Consiglio di avviare i negoziati non era indispensabile al fine di un'ulteriore precisazione di tale oggetto.

Infine, l'effetto utile del procedimento previsto dall'art. 228, n. 6, del Trattato è subordinato alla possibilità che la Corte venga adita in merito alla questione della competenza non solo successivamente all'avvio dei negoziati, ma anche prima del loro formale inizio.

Dalle considerazioni che precedono consegue che la richiesta di parere è ammissibile nella misura in cui attiene alla competenza della Comunità di concludere un accordo del genere di quello previsto.

Le stesse considerazioni non valgono tuttavia per quanto riguarda la questione della compatibilità dell'accordo con il Trattato.

Infatti, per poter rispondere in modo circostanziato alla questione della compatibilità dell'adesione della Comunità alla Convenzione con le norme del Trattato, in particolare con gli artt. 164 e 219 relativi alle competenze della Corte, quest'ultima deve disporre di elementi sufficienti circa le modalità con cui la Comunità preveda di assoggettarsi ai meccanismi di controllo giurisdizionale attuali e futuri istituiti dalla Convenzione.

Dalle osservazioni che precedono emerge come la Corte non sia in grado di pronunciare un parere circa la compatibilità dell'adesione alla Convenzione con le norme del Trattato.

Sulla competenza della Comunità ad aderire alla Convenzione.

Dall'art. 3 B del Trattato, a termini del quale la Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obbiettivi che le sono assegnati dal Trattato, emerge come essa disponga unicamente di poteri attribuiti.

Si deve rilevare che nessuna disposizione del Trattato attribuisce alle istituzioni comunitarie, in termini generali, il potere di dettare norme in materia di diritti dell'uomo o di concludere convenzioni internazionali in tale settore.

In assenza di poteri specifici espressi o impliciti in materia, si deve esaminare se l'art. 235 del Trattato possa costituire la base giuridica dell'adesione.

Tale disposizione, costituendo parte integrante di un ordinamento istituzionale basato sul principio dei poteri attribuiti, non può costituire il fondamento per ampliare la sfera dei poteri della Comunità al di là dell'ambito generale risultante dal complesso delle disposizioni del Trattato, ed in particolare di quelle che definiscono i compiti e le azioni della Comunità.

Alla luce delle considerazioni che precedono si deve esaminare se l'adesione della Comunità alla Convezione possa essere fondata sull'art. 235.

Si deve anzitutto ricordare che la rilevanza del rispetto dei diritti dell'uomo è stata sottolineata in varie dichiarazioni degli Stati membri e delle istituzioni comunitarie. Un riferimento al rispetto di tali diritti è contenuto anche nel preambolo dall'Atto unico europeo, nonché nel preambolo e negli artt. F, n. 2, J.1, n. 2, quinto trattino, e K.2, n. 1, del Trattato sull'Unione europea.

Si deve rilevare inoltre che, secondo costante giurisprudenza, i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce l'osservanza.

Se il rispetto dei diritti dell'uomo costituisce, quindi, un requisito di legittimità degli atti comunitari, si deve tuttavia rilevare che l'adesione alla Convenzione determinerebbe una modificazione sostanziale dell'attuale regime comunitario di tutela dei diritti dell'uomo, in quanto comporterebbe l'inserimento della Comunità in un sistema istituzionale internazionale distinto, nonché l'integrazione del complesso delle disposizioni della Convenzione nell'ordinamento giuridico comunitario.

Una siffatta modifica del regime della tutela dei diritti dell'uomo nella Comunità, le cui implicazioni costituzionali risulterebbero parimenti fondamentali sia per la Comunità sia per gli Stati membri, rivestirebbe rilevanza costituzionale ed esulerebbe quindi, per sua propria natura, dai limiti dell'art. 235. Essa può essere quindi realizzata unicamente mediante modifica del Trattato.