ORDINANZA DEL
TRIBUNALE (Seconda Sezione)
7 giugno 2004 (1)
«Ricorso
per risarcimento danni – Giustizia e affari interni – Posizione comune del
Consiglio – Misure relative alle persone, ai gruppi e alle entità coinvolti in atti terroristici
– Incompetenza manifesta – Ricorso manifestamente infondato»
Nella causa T-338/02,
Segi,
Araitz Zubimendi
Izaga, residente in Hernani
(Spagna),
Aritza Galarraga, residente in Saint Pée sur Nivelle (Francia),
contro
Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dai
sigg. M. Vitsentzatos e M. Bauer, in qualità di agenti,
convenuto,
e da
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del
Nord,
rappresentato inizialmente dalla sig.ra P. Ormond,
successivamente dalla sig.ra C. Jackson, in qualità di agenti, con domicilio eletto in
Lussemburgo,
intervenienti,
avente ad oggetto una
domanda diretta ad ottenere il risarcimento del danno asseritamente
subito dai ricorrenti a causa dell'iscrizione della Segi
nell'elenco di persone, gruppi o entità di cui all'art. 1 della posizione
comune del Consiglio 27 dicembre 2001, 2001/931/PESC, relativa all'applicazione
di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU L 344, pag. 93),
della posizione comune del Consiglio 2 maggio 2002, 2002/340/PESC, che aggiorna
la posizione comune 2001/931 (GU L 116, pag. 75), e della posizione
comune del Consiglio 17 giugno 2002, 2002/462/PESC, che aggiorna la posizione
comune 2001/931 e che abroga la posizione comune 2002/340 (GU L 160,
pag. 32),
IL TRIBUNALE DI PRIMO
GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),
composto dai
sigg. J. Pirrung, presidente, A.W.H. Meij e N.J. Forwood, giudici,
cancelliere: sig. H. Jung
ha emesso la seguente
Fatti all’origine della controversia
1
Dal fascicolo risulta
che
2
Il 28 settembre 2001 il Consiglio di
sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 1373 (2001), con cui,
in particolare, ha stabilito che tutti gli Stati si sarebbero prestati la
massima assistenza reciproca in relazione alle
indagini o ai procedimenti giudiziari in materia di finanziamento o di supporto
agli atti terroristici, ivi compresa l’assistenza nella raccolta delle prove in
loro possesso necessarie allo svolgimento del procedimento giudiziario.
3
Il 27 dicembre 2001, affermando che era
necessaria un’azione della Comunità volta ad attuare la risoluzione del
Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1373
(2001), il Consiglio ha adottato la posizione comune 2001/931/PESC, relativa
all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU
L 344, pag. 93). Tale posizione comune è stata adottata sulla base
dell’art. 15 UE, che rientra nel titolo V del Trattato UE, intitolato
«Disposizioni sulla politica estera e di sicurezza comune» (PESC), e
dell’art. 34 UE, che rientra nel titolo VI del Trattato UE, intitolato «Disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in
materia penale» (comunemente detto Giustizia e Affari Interni) (GAI).
4
Gli artt. 1 e
4 della posizione comune 2001/931 dispongono quanto segue:
«Articolo 1
1. La
presente posizione comune si applica, in conformità delle disposizioni dei
seguenti articoli, alle persone, gruppi ed entità, elencati nell’allegato,
coinvolti in atti terroristici.
(…)
6. I
nomi delle persone ed entità riportati nell’elenco in allegato sono riesaminati
regolarmente almeno una volta per semestre onde
accertarsi che il loro mantenimento nell’elenco sia giustificato».
«Articolo 4
Gli Stati membri si prestano, nell’ambito
della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale prevista dal
titolo VI del Trattato [UE], la massima assistenza possibile ai fini della
prevenzione e della lotta contro gli atti terroristici. A questo scopo, per
quanto riguarda le indagini e le azioni penali condotte dalle loro autorità nei
confronti di persone, gruppi ed entità di cui all’allegato, essi si avvalgono
appieno, su richiesta, dei poteri di cui dispongono in
virtù di atti dell’Unione europea e di altri accordi, intese e convenzioni
internazionali vincolanti per gli Stati membri».
5
L’allegato della posizione comune 2001/931,
al suo punto 2, dedicato ai «gruppi o entità», così dispone:
«* – Euskadi Ta Askatasuna/Tierra Vasca y Libertad/Patria
basca e libertà (E.T.A.)
(Le seguenti
organizzazioni fanno parte del gruppo terroristico E.T.A.:
K.a.s., Xaki, Ekin, JarraI‑Haika-Segi, Gestoras pro-amnistía)».
6
La nota a pié di
pagina di tale allegato indica che «[l]e persone contraddistinte da * sono
soggette al solo articolo 4».
7
Il 27 dicembre 2001 il Consiglio ha inoltre
adottato la posizione comune 2001/930/PESC, relativa alla lotta al terrorismo
(GU L 344, pag. 90), il regolamento (CE)
n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate
persone e entità, destinate a combattere il terrorismo (GU L 344, pag. 70), e
la decisione 2001/927/CE, relativa all’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo
3 del regolamento n. 2580/2001 (GU L 344, pag. 83). Nessuno dei detti
testi normativi menziona i ricorrenti.
8
La dichiarazione del Consiglio allegata al
verbale in occasione dell’adozione della posizione comune 2001/931 e del
regolamento n. 2580/2001 (in prosieguo: la «dichiarazione del Consiglio relativa al diritto al risarcimento») dispone quanto segue:
«Il Consiglio ricorda, in merito
all’art. 1, n. 6, della posizione comune [2001/931], che qualsiasi
errore relativo alle persone, ai gruppi o alle entità
in questione conferisce alla parte lesa il diritto a chiedere il risarcimento
del danno».
9
Con ordinanze 5 febbraio e 11 marzo 2002, il
giudice istruttore n. 5 dell’Audiencia Nacional di Madrid (Spagna) ha, rispettivamente, dichiarato
illecite le attività della Segi e ordinato l’arresto di alcuni presunti dirigenti della Segi,
par il fatto che la detta organizzazione faceva parte integrante
dell’organizzazione indipendentista basca ETA.
10
Con decisione 23 maggio 2002,
11
Il 2 maggio e il 17 giugno 2002 il Consiglio
ha adottato, ai sensi degli artt. 15 UE e
34 UE, le posizioni comuni 2002/340/PESC e 2002/462/PESC, che aggiornano
la posizione comune 2001/931 (GU L 116, pag. 75, e GU L 160,
pag. 32). Gli allegati di queste due posizioni comuni contengono il nome
della Segi, iscritta in termini analoghi a quelli
della posizione comune 2001/931.
Procedimento e conclusioni delle parti
12
Con atto introduttivo depositato nella
cancelleria del Tribunale il 13 novembre 2002, i ricorrenti hanno proposto il
presente ricorso.
13
Con atto separato, depositato nella
cancelleria del Tribunale il 12 febbraio 2003, il Consiglio ha sollevato
un’eccezione d’irricevibilità ai sensi
dell’art. 114 del regolamento di procedura del
Tribunale, in merito alla quale i ricorrenti hanno depositato le loro
osservazioni.
14
Con ordinanza 5 giugno 2003, il presidente
della Seconda Sezione del Tribunale ha ammesso gli interventi del Regno di
Spagna e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda
del Nord a sostegno delle conclusioni del Consiglio. Il Regno Unito ha
rinunciato a presentare le sue osservazioni sull’eccezione d’irricevibilità. Il Regno di Spagna ha depositato le sue
osservazioni sull’eccezione d’irricevibilità entro i
termini fissati.
15
Nella sua eccezione d’irricevibilità,
il Consiglio, sostenuto dal Regno di Spagna, chiede che il Tribunale voglia:
–
dichiarare il ricorso
manifestamente irricevibile;
–
condannare la «ricorrente» alle
spese.
16
Nelle loro osservazioni su tale eccezione, i ricorrenti chiedono che il Tribunale
voglia:
–
dichiarare la ricevibilità del ricorso per risarcimento danni;
–
in subordine,
dichiarare la violazione da parte del Consiglio dei principi generali del
diritto comunitario;
–
comunque, condannare il
Consiglio alle spese.
In diritto
Argomenti delle parti
17
Il Consiglio e il Regno di Spagna fanno
valere, in primo luogo, che
18
In secondo luogo, il Consiglio e il Regno di
Spagna sostengono che l’art. 288, secondo comma, CE
implica che il danno fatto valere sia causato da un atto della Comunità
(sentenza della Corte 26 novembre 1975, causa 99/74, Société
des grands moulins des Antilles/Commissione,
Racc. pag. 1531, punto 17). Orbene, poiché il
Consiglio ha agito in forza delle sue competenze in materia di PESC e di GAI,
non esisterebbe alcun atto comunitario.
19
In terzo luogo, il Consiglio e il Regno di
Spagna fanno valere che la responsabilità extracontrattuale della Comunità
presuppone la prova dell’illiceità del comportamento contestato
all’istituzione. Orbene, il Tribunale non sarebbe competente, conformemente
agli artt. 35 UE e 46 UE, a valutare
la legalità di un atto che rientra nella PESC o nella GAI.
20
In via preliminare, i ricorrenti sottolineano che è particolarmente urtante che il Consiglio
neghi l’esistenza e la capacità giuridica dell’associazione ricorrente ai soli
fini di impedirle di contestare la sua iscrizione nell’allegato della posizione
comune 2001/931 e di ottenere un risarcimento. Ciò costituirebbe una violazione
dei principi generali del diritto comunitario come formulati, in particolare,
dagli artt. 1, 6, n. 1, e
13 della CEDU.
21
Per quanto riguarda l’associazione
ricorrente, i ricorrenti sostengono che gli ordinamenti giuridici degli Stati
membri, il diritto comunitario e la giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell’uomo ammettono la capacità processuale di
un’associazione di fatto, in particolare qualora essa agisca per difendere i
propri diritti (sentenze della Corte 8 ottobre 1974, causa 18/74, Syndicat général du personnel des
organismes européens/Commissione,
Racc. pag. 933, e 28 ottobre 1982, causa 135/81,
Groupement des agences de voyages/Commissione, Racc. pag. 3799, punto 11; sentenza del Tribunale 11
luglio 1996, causa T‑161/94, Sinochem Heilongjiang/Consiglio, Racc.
pag. II‑695, punto 34). Con la dichiarazione del Consiglio relativa al diritto al risarcimento, il Consiglio avrebbe
riconosciuto la capacità di agire per ottenere un risarcimento ai «gruppi» e
alle «entità» menzionati nella detta posizione comune. Inoltre,
includendola nell’elenco in questione, il Consiglio avrebbe trattato
l’associazione ricorrente come un’entità giuridica indipendente.
22
Per quanto riguarda le due persone fisiche
incluse fra i ricorrenti, esse fanno valere che agiscono validamente a duplice
titolo, quali ricorrenti individuali e quali
rappresentanti dell’associazione.
23
Questi ultimi sostengono che, in una
comunità di diritto, che applica i diritti fondamentali, in particolare quelli
della CEDU, essi devono poter disporre di una tutela
giurisdizionale effettiva al fine di far dichiarare il danno da loro subito e
di ottenerne il risarcimento. Nel caso contrario, si
verificherebbe un caso di denegata giustizia, il che significherebbe che
le istituzioni, quando intervengono nell’ambito dell’Unione, agiscono nel
massimo arbitrio.
24
I ricorrenti rilevano che il Consiglio ha
scelto il fondamento normativo dell’atto in questione in maniera fraudolenta,
al fine di evitare qualsiasi controllo democratico, giurisdizionale o meno.
Tale sviamento di procedura sarebbe stato chiaramente condannato dal Parlamento
europeo, in particolare nella sua risoluzione 27 dicembre 2001, P5_TA(2002)0055.
La scelta di fondamenti normativi diversi per i testi relativi
al terrorismo adottati dal Consiglio il 27 dicembre 2001 avrebbe avuto
lo scopo di privare determinate categorie di persone, in particolare quelle di
cui all’art. 4 della posizione comune 2001/931, del diritto ad una tutela
giurisdizionale effettiva, a differenza di quelle menzionate nel regolamento
n. 2580/2001. Il Tribunale sarebbe competente a sanzionare un tale
sviamento di procedura nell’ambito di un ricorso per risarcimento danni.
25
Per quanto riguarda la dichiarazione del
Consiglio relativa al diritto al risarcimento,
spetterebbe al Tribunale definirne l’interpretazione e la portata giuridica. La
responsabilità degli Stati membri, a tale proposito, sarebbe indivisibile, in
primo luogo perché trattasi di un atto del Consiglio, in secondo luogo perché i
giudici nazionali sono incompetenti a statuire sui danni causati dal Consiglio
e, in terzo luogo, perché non sarebbe ragionevole imporre alla parte lesa di
agire in giudizio dinanzi ai quindici Stati membri. Tale dichiarazione
conferirebbe al Tribunale una competenza a statuire in merito alla categoria di
persone di cui all’art. 4 della posizione comune 2001/931, al pari delle
persone menzionate nel regolamento n. 2580/2001 e all’art. 3 della
citata posizione comune, le quali possono far valere
un’azione della Comunità. L’errore evocato in tale dichiarazione comporterebbe
un illecito e sarebbe costituito, nel caso di specie, da errori di fatto, di
qualificazione giuridica, di diritto e da uno sviamento di potere.
26
Nell’ipotesi in cui il Tribunale si dichiarasse incompetente a statuire sul presente ricorso, i
ricorrenti rilevano che occorrerebbe in tal caso dichiarare la violazione, dal
parte del Consiglio, dei principi generali del diritto comunitario, sanciti in
particolare dagli artt. 1, 6, n. 1, e 13
della CEDU.
27
Per quanto riguarda le spese, i ricorrenti
fanno valere che non sarebbe equo farle sopportare a loro, dato che essi
tentano, in un contesto giuridico complesso e
difficile, di ottenere il risarcimento del danno lamentato.
Giudizio del Tribunale
28
Ai sensi dell’art. 114, n. 1, del
regolamento di procedura, se una parte lo chiede, il Tribunale può statuire
sull’irricevibilità senza impegnare la discussione
nel merito. In forza dello stesso art. 114, n. 3, salvo contraria decisione del Tribunale, il procedimento prosegue
oralmente.
29
Ai sensi dell’art. 111 del regolamento
di procedura, quando un ricorso è manifestamente infondato in diritto, il
Tribunale può, senza proseguire il procedimento, statuire con ordinanza
motivata.
30
Nella fattispecie, il Tribunale ritiene di
essere sufficientemente edotto dagli atti di causa e che non occorra
passare alla fase orale del procedimento.
31
Dev’essere
anzitutto ricordato che, con il ricorso, i ricorrenti mirano ad ottenere un
risarcimento del danno subito a causa dell’iscrizione della Segi
nell’elenco allegato alla posizione comune 2001/931, aggiornata dalle posizioni
comuni 2002/340 e 2002/462.
32
Va inoltre rilevato che gli atti che si
affermano essere all’origine del danno asseritamene subito dai ricorrenti sono
posizioni comuni adottate sulla base degli artt. 15
UE, che rientra nel titolo V del Trattato UE, relativo alla PESC, e 34 UE, che
rientra nel titolo VI del Trattato UE, relativo alla GAI.
33
Occorre infine rilevare che i ricorrenti
sono soggetti al solo art. 4 della posizione comune 2001/931, come precisa
espressamente la nota dell’allegato alla stessa posizione comune. Orbene, il
detto articolo indica che gli Stati membri si prestano la massima assistenza
possibile nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia
penale prevista dal titolo VI del Trattato UE, e non implica nessuna misura che
rientri nella PESC. Pertanto, l’art. 34 UE costituisce l’unico
fondamento normativo pertinente per quanto riguarda gli atti asseritamente all’origine del danno lamentato.
34
Si deve necessariamente rilevare che,
nell’ambito del titolo VI del Trattato UE, non è previsto nessun ricorso per
risarcimento danni.
35
Infatti, nell’ambito del Trattato UE, nella
versione risultante dal Trattato di Amsterdam, le
competenze della Corte di giustizia sono elencate tassativamente
dall’art. 46 UE. Per quanto riguarda le disposizioni pertinenti nel
caso di specie, non modificate dal Trattato di Nizza, il detto articolo così
dispone:
«Le disposizioni del trattato che istituisce
(...)
b)
disposizioni del titolo VI, alle
condizioni previste dall’articolo 35 [UE];
(...)
d)
articolo 6, paragrafo 2 [UE],
per quanto riguarda l’attività delle istituzioni, nella misura in cui
(...)».
36
Dall’art. 46 UE risulta
che, nell’ambito del titolo VI del Trattato UE, gli unici rimedi
giurisdizionali previsti sono quelli indicati all’art. 35 UE, nn. 1, 6 e 7, e corrispondono al rinvio pregiudiziale,
al ricorso di annullamento e alla risoluzione delle controversie tra Stati
membri.
37
Va inoltre rilevato che la garanzia del
rispetto dei diritti fondamentali, prevista dall’art. 6, n. 2, UE,
non è pertinente nel caso di specie, dato che l’art. 46, lett. d), UE
non offre alcun titolo di competenza supplementare alla Corte di giustizia.
38
Per quanto riguarda l’assenza di tutela
giurisdizionale effettiva fatta valere dai ricorrenti, si deve necessariamente
rilevare che, con ogni probabilità, questi ultimi non hanno a disposizione
nessuna tutela giurisdizionale effettiva, né dinanzi ai giudici comunitari né
dinanzi ai giudici nazionali, contro l’iscrizione
della Segi nell’elenco delle persone, dei gruppi o
delle entità coinvolti in atti terroristici. Infatti,
contrariamente a quanto fa valere il Consiglio, ai ricorrenti non servirebbe a
nulla addurre la responsabilità individuale di ciascuno Stato membro per gli
atti nazionali adottati in esecuzione della posizione comune 2001/931, nel
tentativo di ottenere l’eventuale risarcimento del danno che pretendono causato
dall’iscrizione della Segi nell’allegato alla detta
posizione comune. Per quanto riguarda la contestazione della responsabilità
individuale di ciascuno Stato membro dinanzi ai giudici nazionali per la sua
partecipazione all’adozione delle posizioni comuni in questione, una tale
azione pare poco efficace. Inoltre, ogni contestazione della legalità
dell’iscrizione della Segi
in tale allegato, in particolare in forza di un rinvio pregiudiziale di validità,
è resa impossibile dalla scelta di una posizione comune e non, ad esempio, di
una decisione ai sensi dell’art. 34 UE. Tuttavia, l’assenza di tutela
giurisdizionale non può costituire, di per sé, un titolo di competenza
comunitaria autonomo in un sistema giuridico basato sul principio delle
competenze di attribuzione, quale risulta
dall’art. 5 UE (v., in tal senso, sentenza della Corte 25 luglio 2002,
causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677, punti 44 e 45).
39
I ricorrenti fanno valere, inoltre, la
dichiarazione del Consiglio relativa al diritto al
risarcimento, ai sensi della quale «qualsiasi errore relativo alle persone, ai
gruppi o alle entità in questione conferisce alla parte lesa il diritto a
chiedere il risarcimento del danno». Secondo una giurisprudenza costante, le
dichiarazioni contenute in un verbale possiedono valore limitato, nel senso che
non possono essere prese in considerazione per interpretare una disposizione di
diritto comunitario quando il loro contenuto non trova
alcun riscontro nel testo della disposizione di cui trattasi e non ha,
pertanto, portata giuridica (sentenze della Corte 26 febbraio 1991, causa C‑292/89,
Antonissen, Racc. pag. I‑745,
punto 18, e 29 maggio 1997, causa C‑329/95, VAG Sverige, Racc. pag. I‑2675,
punto 23). Si deve necessariamente rilevare che la
dichiarazione di cui trattasi non precisa né i rimedi giurisdizionali né, a
fortori, le condizioni per avviare gli stessi. In ogni caso,
essa non può riguardare un ricorso dinanzi ai giudici comunitari, poiché in tal
caso contraddirebbe il sistema giurisdizionale istituito dal Trattato UE.
Pertanto, in assenza di ogni competenza conferita al
Tribunale dal detto Trattato, una simile dichiarazione non può indurre lo
stesso ad esaminare il presente ricorso.
40
Dalle considerazioni che precedono risulta che il Tribunale è manifestamente incompetente a
statuire sul presente ricorso per risarcimento danni nella parte in cui esso è
diretto ad ottenere il risarcimento del danno eventualmente causato
dall’iscrizione della Segi nell’elenco allegato alla
posizione comune 2001/931, come aggiornata dalle posizioni comuni 2002/340 e
2002/462.
41
Per contro, il Tribunale è
competente a conoscere del presente ricorso per risarcimento danni laddove i
ricorrenti fanno valere una violazione delle competenze della Comunità.
Infatti, i giudici comunitari sono competenti ad effettuare
l’esame del contenuto di un atto adottato nell’ambito del Trattato UE al fine
di verificare se tale atto non pregiudichi le competenze della Comunità (v.,
per analogia, sentenze della Corte 14 gennaio 1997, causa C‑124/95, Centro‑Com, Racc.
pag. I‑81, punto 25, e 12 maggio 1998, causa C‑170/96,
Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑2763,
punto 17).
42
Laddove i ricorrenti fanno valere uno
sviamento di procedura commesso dal Consiglio, in quanto esso ha agito nel
settore della GAI, e consistente in uno sconfinamento
nelle competenze della Comunità che ha avuto come risultato di privare gli
stessi di ogni tutela giurisdizionale, il presente ricorso rientra pertanto
nella competenza dei giudici comunitari ai sensi degli artt. 235
CE e 288, secondo comma, CE.
43
Il Tribunale ritiene opportuno pronunciarsi
anzitutto sul merito del presente ricorso, solo nei limiti precisati sopra, al
punto 42.
44
Secondo una giurisprudenza costante, la
responsabilità delle Comunità presuppone il sussistere di un complesso di
condizioni relative all’illegittimità del comportamento
contestato, all’effettività del danno e all’esistenza di un nesso causale fra
il comportamento e il pregiudizio asserito.
45
Nel caso di specie, l’illiceità fatta valere
manifestamente non sussiste. Infatti, come risulta dal
precedente punto 42, il comportamento illecito lamentato potrebbe consistere
solo nell’assenza di un atto basato su una disposizione del Trattato CE la cui
adozione fosse obbligatoria, alternativamente o in concomitanza con la
posizione comune 2001/931. Orbene, come è stato rilevato
sopra, al punto 33, i ricorrenti sono soggetti al solo art. 4 della
posizione comune 2001/931, come confermata dalle posizioni comuni 2002/340 e
2002/462. La detta disposizione comporta l’obbligo, per gli Stati membri, di
avvalersi appieno degli atti adottati dall’Unione europea e degli altri
accordi, intese e convenzioni internazionali esistenti, per quanto riguarda le
indagini e le azioni penali nei confronti di persone, gruppi ed entità in
questione, e di prestarsi, nell’ambito della cooperazione ai sensi del titolo
VI del Trattato UE, la massima assistenza possibile.
Il contenuto di tale disposizione rientra quindi nel titolo VI del Trattato UE
e il fondamento normativo pertinente per la sua adozione è l’art. 34 UE.
46
I ricorrenti hanno omesso di citare un
qualsiasi fondamento normativo nel Trattato CE che sarebbe
stato violato. Tuttavia, nei limiti in cui essi evochino a tale proposito il
fatto che il Consiglio ha adottato, il 27 dicembre 2001, vari tipi di atti al fine della lotta contro il terrorismo e, in
particolare, il regolamento n. 2580/2001, basato sugli artt. 60 CE,
301 CE e 308 CE, non si può ritenere che la cooperazione di polizia e
giudiziaria tra Stati membri prevista dall’art. 4 della posizione comune
2001/931 violi tali disposizioni del Trattato CE. Infatti, le dette
disposizioni sono chiaramente dirette ad attuare, ove necessario,
atti adottati nel settore della PESC e non riguardano quelli adottati
nell’ambito della GAI. Per quanto riguarda l’art. 308 CE, tale
disposizione consente, certo, l’adozione di disposizioni comunitarie adeguate qualora un’azione risulti necessaria per realizzare
uno degli obiettivi della Comunità senza che il Trattato CE abbia previsto i
relativi poteri di azione. Orbene, se l’art. 61, lett. e), CE prevede l’adozione di misure nel settore della
cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, esso prevede comunque
esplicitamente che il Consiglio adotti tali misure in conformità alle
disposizioni del Trattato UE. Alla luce di ciò, e indipendentemente dalla
questione se, eventualmente, misure di questo tipo possano basarsi
sull’art. 308 CE, l’adozione dell’art. 4 della posizione comune
2001/931 solo sulla base dell’art. 34 UE non è incompatibile con il
sistema delle competenze comunitarie predisposto dal Trattato CE. Per quanto
riguarda la risoluzione del Parlamento 7 febbraio
47
Nella parte in cui il ricorso si basa su una
violazione delle competenze della Comunità da parte del Consiglio, che ha agito
nel settore della GAI, occorre quindi respingere il
ricorso in quanto manifestamente infondato, senza che sia necessario statuire,
in proposito, sull’eccezione di irricevibilità
sollevata dal Consiglio (sentenza della Corte 26 febbraio 2002, causa C‑23/00 P,
Consiglio/Boehringer, Racc.
pag. I‑1873, punto 52).
48
Anche la domanda
presentata in subordine dai ricorrenti e diretta a far dichiarare, nonostante
il rigetto del loro ricorso, la violazione da parte del Consiglio
dei principi generali del diritto comunitario dev’essere
respinta. Infatti, il contenzioso comunitario non conosce rimedi giuridici che consentano al giudice di prendere posizione, per mezzo di
una dichiarazione generale, su una questione il cui oggetto eccede l’ambito
della controversia. Pertanto, il Tribunale è altresì manifestamente
incompetente a conoscere della presente domanda.
Sulle spese
49
Ai sensi dell’art. 87, n. 3, del
regolamento di procedura, per motivi eccezionali, il Tribunale può ripartire le
spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese. Nel caso di
specie, va ricordato che i ricorrenti hanno chiesto che il Consiglio sopporti
tutte le spese, anche in caso di rigetto del loro ricorso. A tale proposito, va
rilevato, da un lato, che la dichiarazione del Consiglio relativa
al diritto al risarcimento ha potuto indurre i ricorrenti in errore e,
dall’altro, che era legittimo per questi ultimi cercare un giudice competente a
statuire sui loro gravami. Alla luce di ciò, va dichiarato che ciascuna parte
sopporterà le proprie spese.
50
Ai sensi dell’art. 87, n. 4, primo
comma, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa
sopportano le proprie spese. Le parti intervenienti
sopporteranno le proprie spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Seconda
Sezione)
così provvede:
1)
Il ricorso è respinto.
2)
Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.
Lussemburgo, 7 giugno 2004
Il
cancelliere |
Il presidente |
H. Jung |
J. Pirrung |