SENTENZA DELLA CORTE
6 marzo 2003
«Libera circolazione dei lavoratori - Regolamento (CEE) n. 1612/68 - Vantaggio sociale - Diritto per il coniuge di un lavoratore migrante di ottenere un permesso di soggiorno a tempo indeterminato nel territorio di uno Stato membro»
Nel procedimento C-466/00,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dall'Immigration Adjudicator (Regno Unito) nella causa dinanzi ad esso pendente tra
Arben Kaba
e
Secretary of State for
the Home Department,
domanda vertente sull'interpretazione dei principi generali del diritto che informano il procedimento dinanzi alla Corte di giustizia, nonché dell'art. 7, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (GU L 257, pag. 2),
LA CORTE,
composta dal sig. G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, dai sigg. J.-P. Puissochet, M. Wathelet, R. Schintgen e C.W.A. Timmermans, presidenti di sezione, dai sigg. D.A.O. Edward e P. Jann (relatore), dalle sig.re F. Macken e N. Colneric, e dai sigg. S. von Bahr e J.N. Cunha Rodrigues, giudici,
avvocato generale: sig. D. Ruíz-Jarabo Colomer
cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale
viste le osservazioni scritte presentate:
- per il sig. Kaba, dai sigg. R. Allen, QC, e T. Eicke, barrister, su
incarico del sig. N. Rollason,
solicitor;
- per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra G. Amodeo, in qualità di agente, assistita dal sig. R. Plender, QC;
- per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra N. Yerrell e dal sig. C. Ladenburger, in qualità di agenti,
vista la relazione d'udienza,
sentite le osservazioni orali del sig. Kaba, rappresentato dai sigg. R. Allen e T. Eicke, del governo del Regno Unito, rappresentato dalla sig.ra G. Amodeo e dal sig. R. Plender, del governo olandese, rappresentato dalla sig.ra H. G. Sevenster, in qualità di agente, e della Commissione, rappresentata dal sig. M. Shotter, in qualità di agente, all'udienza del 16 aprile 2002,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza dell'11 luglio 2002,
ha pronunciato la seguente
1.
Con ordinanza 19 dicembre 2000, pervenuta in cancelleria il 27 dicembre successivo, l'Immigration Adjudicator ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, due questioni pregiudiziali relative all'interpretazione dei principi generali del diritto che informano il procedimento dinanzi alla Corte di giustizia, nonché dell'art. 7, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (GU L 257, pag. 2).
2.
Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra il sig. Kaba ed il Secretary of State for the Home Department a proposito del rifiuto di quest'ultimo di concedere al sig. Kaba un permesso di soggiorno a tempo indeterminato nel territorio del Regno Unito.
Contesto normativo
Normativa comunitaria
3.
L'art. 7, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1612/68 così dispone:
«1. Il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.
2. Egli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali».
4.
L'art. 10, n. 1, del detto regolamento così recita:
«Hanno diritto di stabilirsi con il lavoratore cittadino di uno Stato membro occupato sul territorio di un altro Stato membro, qualunque sia la loro cittadinanza:
a) il coniuge ed i loro discendenti minori di anni 21 o a carico;
b) gli ascendenti di tale lavoratore e del suo coniuge che siano a suo carico».
5.
L'art. 4, n. 4, della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968, 68/360/CEE, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all'interno della Comunità (GU L 257, pag. 13), così dispone:
«Ai membri della famiglia che non abbiano la cittadinanza di uno Stato membro è rilasciato un documento di soggiorno di validità uguale a quello rilasciato al lavoratore da cui dipendono».
Normativa nazionale
6.
Le pertinenti disposizioni del diritto nazionale sono l'Immigration Act 1971 (legge del 1971 sull'immigrazione), l'Immigration (European Economic Area) Order 1994 (decreto del 1994 sull'immigrazione proveniente dallo Spazio economico europeo; in prosieguo: l'«EEA Order») e le United Kingdom Immigration Rules (House of Commons Paper 395) (norme sull'immigrazione adottate dal Parlamento del Regno Unito nel 1994; in prosieguo: le «Immigration Rules»), nella versione vigente alla data dei fatti della causa principale. Queste disposizioni disciplinano l'ammissione e il soggiorno nel Regno Unito.
7.
L'EEA Order è stato abrogato dalle Immigration (European Economic Area) Regulations 2000 (regolamenti del 2000 relativi all'immigrazione proveniente dallo Spazio economico europeo). Queste ultime disposizioni non sono tuttavia applicabili alla causa principale.
8.
L'art. 255 delle Immigration Rules disponeva quanto segue:
«Un cittadino del SEE [Spazio economico europeo] (diverso da uno studente) o il componente della sua famiglia che abbia ottenuto un permesso di soggiorno o una carta di soggiorno valida per cinque anni e che sia rimasto per quattro anni nel Regno Unito conformemente alle disposizioni dell'EEA Order e continui a soggiornarvi può, presentando apposita domanda, ottenere che sul suo permesso di soggiorno o sulla sua carta di soggiorno (a seconda dei casi) sia apposta la menzione che egli gode di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato nel Regno Unito».
9.
L'art. 287 delle Immigration Rules così recitava:
«Affinché il coniuge di una persona presente e stabilita nel Regno Unito possa ottenere un permesso di soggiorno a tempo indeterminato è necessario che:
i) il richiedente sia stato ammesso nel territorio del Regno Unito o abbia ricevuto una proroga del suo permesso per un periodo di dodici mesi ed abbia completato un periodo di dodici mesi in qualità di coniuge di una persona presente e stabilita nel Regno Unito; e
ii) il richiedente sia tuttora il coniuge della persona che era stato autorizzato a raggiungere o in relazione alla quale gli era stata concessa una proroga del permesso di soggiorno e il matrimonio sussista ancora; e
iii) ciascuna delle parti intenda vivere con l'altra in modo permanente in qualità di coniuge».
10.
Ai sensi dell'art. 33, n. 2 A, dell'Immigration Act del 1971, «i riferimenti a una persona stabilita nel Regno Unito significano che tale persona vi è normalmenteresidente, senza essere sottoposta, in virtù delle leggi sull'immigrazione, ad alcuna restrizione per quanto riguarda il periodo di tempo durante il quale essa può soggiornarvi».
11.
Secondo la pertinente giurisprudenza nazionale, un lavoratore migrante cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea che risiede nel Regno Unito non è, per ciò solo, «stabilito» nel senso di detta disposizione.
12.
Secondo la formulazione dell'art. 2, n. 1, dell'EEA Order, un cittadino dello SEE è un cittadino di uno Stato che è parte contraente dell'accordo 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3) sullo Spazio economico europeo, diverso dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.
13.
Ai sensi dell'art. 4, n. 1, dell'EEA Order, una «persona qualificata» aveva il diritto di risiedere nel Regno Unito per tutto il tempo in cui conservava tale qualità; tale diritto era esteso ai familiari, compreso il coniuge, dall'art. 4, n. 2, dell'EEA Order. Ai sensi dell'art. 6 di quest'ultimo, era una «persona qualificata», in particolare, il cittadino di uno Stato membro dello Spazio economico europeo che svolgeva un'attività lavorativa nel Regno Unito.
14.
L'art. 7, n. 1, dell'Immigration Act 1988 così dispone:
«In forza della normativa principale [l'Immigration Act 1971], a una persona non può essere richiesto un permesso d'ingresso o di soggiorno nel Regno Unito se essa è autorizzata dalle disposizioni del diritto comunitario applicabili o da qualsiasi disposizione adottata in applicazione dell'art. 2, n. 2, dell'European Communities Act 1972 [legge del 1972 sulle Comunità europee]».
15.
Ai sensi dell'art. 3, n. 4, dell'Immigration Act 1971, un permesso di ingresso o di soggiorno di norma decadeva dal momento in cui il titolare abbandonava la «common travel area» (vale a dire il Regno Unito, l'Irlanda, le isole anglo-normanne e l'isola di Man).
16.
Tuttavia, l'art. 18 delle Immigration Rules dispone che:
«Una persona che richiede un permesso di ingresso nel Regno Unito in qualità di residente che ritorna in tale paese può essere ammessa nel territorio per stabilirvisi se il funzionario dell'ufficio immigrazione è convinto che il richiedente soddisfi le seguenti condizioni:
i) era titolare di un permesso d'ingresso o di soggiorno a tempo indeterminato nel Regno Unito quando ne ha lasciato il territorio per l'ultima volta;
ii) non ha lasciato il Regno Unito per un periodo superiore a due anni;
iii) non ha beneficiato di fondi pubblici per le spese relative alla sua partenza dal Regno Unito;
iv) richiede ora un ingresso a fini di stabilimento».
Fatti e causa principale
17.
Il sig. Kaba, cittadino iugoslavo, arrivava nel Regno Unito il 5 agosto 1991. La sua domanda di permesso d'ingresso nel territorio di tale Stato membro per un mese come turista veniva respinta, ma egli non lasciava il Regno Unito. Nel febbraio 1992 veniva presentata a suo nome una domanda di asilo.
18.
Il 4 maggio 1994 il sig. Kaba sposava la sig.ra Michonneau, cittadina francese conosciuta nel 1993 quando la stessa lavorava nel Regno Unito. La coppia ha convissuto fin dal matrimonio. Ritornata temporaneamente in Francia, la sig.ra Michonneau rientrava nel Regno Unito nel gennaio 1994 per cercare un impiego e lo trovava nell'aprile 1994. Nel novembre 1994 la stessa otteneva un permesso di soggiorno della durata di cinque anni, valido fino al 2 novembre 1999. Il sig. Kaba otteneva un permesso di soggiorno nel Regno Unito per lo stesso periodo, in quanto coniuge di una cittadina comunitaria che esercitava nel Regno Unito i diritti che le spettano in base al Trattato CE.
19.
Il 23 gennaio 1996 il sig. Kaba presentava una domanda di permesso di soggiorno a tempo indeterminato nel territorio del Regno Unito.
20.
Tale domanda veniva respinta con decisione 9 settembre 1996 del Secretary of State for the Home Department. Con lettera 3 ottobre 1996, quest'ultimo spiegava che il sig. Kaba non soddisfaceva le condizioni poste dall'art. 255 delle Immigration Rules poiché sua moglie soggiornava nel Regno Unito, in conformità alle disposizioni dell'EEA Order, solamente da un anno e dieci mesi.
21.
Il 15 settembre 1996 il sig. Kaba presentava un ricorso contro tale decisione dinanzi all'Immigration Adjudicator, affermando che le disposizioni delle Immigration Rules applicabili alle persone «presenti e stabilite» nel Regno Unito erano più favorevoli di quelle applicabili a sua moglie e a lui stesso.
22.
In tali circostanze l'Immigration Adjudicator ha deciso, con ordinanza 12 settembre 1998 (in prosieguo: la «prima ordinanza di rinvio»), di sospendere il procedimento una prima volta e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se il diritto di chiedere un permesso di soggiorno a tempo indeterminato nel Regno Unito ed il diritto di ottenere che tale domanda sia esaminata costituisca un vantaggio sociale ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68.
2) Se il requisito imposto ai coniugi di cittadini comunitari di essere stati residenti nel Regno Unito per quattro anni prima che una domanda volta ad ottenere un permesso di soggiorno a tempo indeterminato nel Regno Unito possa essere presentata ed esaminata (v. art. 255 delle Immigration Rules, House of Commons Paper 395), confrontato con il requisito di dodici mesi di residenza prima che una tale domanda possa essere presentata, nel caso di coniugi di cittadini del Regno Unito e di coniugi di coloro che sono presenti e stabiliti nel Regno Unito (art. 287 delle Immigration Rules, House of Commons Paper 395), costituisca un'illecita discriminazione incompatibile con l'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68».
23.
L'udienza dinanzi alla Corte si svolgeva il 15 giugno 1999 e l'avvocato generale presentava le proprie conclusioni il 30 settembre 1999 (in prosieguo: le «prime conclusioni»). La versione in lingua inglese di queste ultime veniva inviato al sig. Kaba il 27 gennaio 2000.
24.
Con fax datato 3 febbraio 2000, il sig. Kaba manifestava alla Corte dubbi riguardo all'esattezza di alcuni punti di fatto sui quali sembravano essere fondate le prime conclusioni. Ritenendo che tali inesattezze costituissero motivi eccezionali tali da giustificare la riapertura della fase orale, egli annunciava la successiva presentazione di osservazioni complementari.
25.
Con fax datato 16 marzo 2000, il sig. Kaba presentava le osservazioni scritte complementari, che terminavano nel modo seguente:
«Le precedenti considerazioni sono suffragate da documenti già presentati alla Corte. Ciononostante, se la Corte ritiene necessario riaprire la fase orale per assicurarsi della perfetta comprensione degli aspetti decisivi e correggere le deduzioni erronee svolte dall'avvocato generale, i rappresentanti del sig. Kaba offriranno la loro più completa collaborazione».
26.
Con lettera 31 marzo 2000, il cancelliere della Corte accusava ricevuta di tali osservazioni scritte complementari e precisava, all'attenzione del sig. Kaba, che nel regolamento di procedura della Corte non è prevista la presentazione di osservazioni una volta chiusa la fase orale. Pertanto le dette osservazioni sono state respinte e non sono state inserite nel fascicolo della Corte.
27.
Nella sentenza 11 aprile 2000, causa C-356/98, Kaba (Racc. pag. I-2623), come rettificata con ordinanza 4 maggio 2001 (non pubblicata nella Raccolta), la Corte ha dichiarato:
«Una normativa di uno Stato membro che impone ai coniugi di lavoratori migranti cittadini di altri Stati membri di aver risieduto per quattro anni nel territorio di detto Stato membro prima di poter richiedere un permesso di soggiorno a tempo indeterminato e di ottenere l'esame di tale domanda, mentre impone solamente unobbligo di residenza di dodici mesi ai coniugi delle persone stabilite nel detto territorio che non sono soggette a restrizioni riguardo al periodo durante il quale possono soggiornarvi, non costituisce una discriminazione contraria all'art. 7, n. 2, del regolamento (...) n. 1612/68 (...)».
28.
In seguito a tale sentenza, il sig. Kaba ha sostenuto, dinanzi all'Immigration Adjudicator, che le prime conclusioni erano fondate su un'erronea comprensione dei fatti come accertati nella prima ordinanza di rinvio, nonché della relativa normativa nazionale.
29.
Infatti, in primo luogo, egli ritiene che la Corte abbia erroneamente considerato che il permesso di soggiorno a tempo indeterminato nel Regno Unito fosse sostanzialmente più sicuro o più stabile rispetto allo status di cui beneficiano i cittadini comunitari nell'ambito di tale Stato membro. Secondo l'Immigration Adjudicator, tale qualificazione potrebbe essere stata influenzata dalle dette conclusioni dell'avvocato generale, il quale avrebbe interpretato le osservazioni del governo del Regno Unito nel senso che esse contengono una giustificazione della differenza di trattamento individuata tra una persona come il sig. Kaba ed il coniuge di una persona «presente e stabilita» nel Regno Unito. Ora, tali osservazioni sarebbero in realtà basate sulla comparabilità delle situazioni. La questione della giustificazione non sarebbe stata sollevata nel corso del procedimento dinanzi alla Corte.
30.
In secondo luogo, il sig. Kaba sostiene che l'avvocato generale ha riqualificato i fatti sui quali si fonda la causa principale. L'Immigration Adjudicator condivide tale argomento, in quanto a suo avviso l'unico aspetto problematico che figurava nella prima decisione di rinvio era la differenza tra i periodi di soggiorno richiesti alle due categorie di persone.
31.
L'Immigration Adjudicator osserva che, se il permesso di soggiorno a tempo indeterminato nel Regno Unito non può essere subordinato ad una condizione espressa quanto alla durata della sua validità, ciò vale anche per il diritto di soggiorno di un lavoratore cittadino di uno Stato membro. Esso ritiene inoltre che, quando una persona titolare di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato lascia il Regno Unito, tale permesso decada, ai sensi dell'art. 3, n. 4, dell'Immigration Act 1971, ed essa debba ottenere un nuovo permesso di ingresso, subordinato alle condizioni fissate all'art. 18 delle Immigration Rules. Esso afferma parimenti che sia i titolari di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato nel Regno Unito che i lavoratori cittadini comunitari possono essere espulsi da tale Stato membro per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica.
32.
Il sig. Kaba si riferisce inoltre alla prassi costante della direzione della nazionalità dello Home Office (Ministero dell'Interno), che considererebbe i cittadini degli Stati membri come stabiliti nel Regno Unito, il che rappresenta un elemento ulteriore volto a dimostrare che i coniugi di cittadini comunitari si trovano in unasituazione paragonabile a quella dei coniugi di cittadini britannici e di persone stabilite nel Regno Unito. Per quanto riguarda quest'ultimo punto, l'Immigration Adjudicator non si pronuncia ulteriormente in quanto non dispone di un'argomentazione completa al riguardo.
33.
In terzo luogo, l'Immigration Adjudicator osserva che l'avvocato generale ha dichiarato, al paragrafo 3 delle sue prime conclusioni, che l'EEA Order non si riferisce ai cittadini britannici né ai loro familiari. Ora, un'affermazione del genere sarebbe inesatta in quanto l'EEA Order, in conformità alla sentenza 7 luglio 1992, causa C-370/90, Singh (Racc. pag. I-4265), si applica a tutti i cittadini britannici e alla loro famiglia quando rientrano nel Regno Unito dopo aver esercitato in un altro Stato membro i diritti derivanti dal Trattato.
34.
Pertanto, l'Immigration Adjudicator s'interroga sulla compatibilità dello svolgimento del procedimento dinanzi alla Corte con l'art. 6, n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»). Esso osserva, a tale riguardo, che il procedimento dinanzi alla Corte è parte integrante del procedimento dinanzi ad esso, e di essere quindi responsabile di qualsiasi violazione del detto art. 6. A tale riguardo esso si riferisce all'ordinanza 4 febbraio 2000, causa C-17/98, Emesa Sugar (Racc. pag. I-665).
35.
L'Immigration Adjudicator esprime inoltre alcune perplessità in merito alla soluzione data alle questioni pregiudiziali nella citata sentenza Kaba.
36.
Ciò premesso, l'Immigration Adjudicator ha deciso di
sospendere il procedimento per la seconda volta e di sottoporre alla Corte le
seguenti questioni pregiudiziali:
«1)
a) Quali siano gli strumenti di cui dispongono il giudice del rinvio o le parti
del procedimento (dinanzi al giudice del rinvio e alla Corte di giustizia) per
garantire la rispondenza dell'intero procedimento ai requisiti fissati
dall'art. 6 della CEDU, in modo che sia esclusa qualunque responsabilità per
violazione dell'art. 6 della CEDU sia in base alla legislazione nazionale in
materia di diritti dell'uomo sia dinanzi alla Corte europea per i diritti
dell'uomo;
b) se lo svolgimento del procedimento nel caso in esame sia stato conforme ai requisiti di cui all'art. 6 della CEDU e, in caso contrario, in qual misura ciò possa incidere sulla validità della prima sentenza.
2) L'Immigration Adjudicator ha accertato che il ricorrente è (o sarebbe) soggetto a trattamento diverso rispetto al coniuge di una persona presente e stabilita nel Regno Unito in quanto:
a) il ricorrente - entrato nel Regno Unito in qualità di coniuge di un cittadino comunitario che esercitava il diritto alla libera circolazione - era tenuto a permanere nel territorio del Regno Unito per un periodo di quattro anni prima di poter richiedere un permesso di soggiorno a tempo indeterminato, mentre
b) il coniuge di un soggetto presente e stabilito nel Regno Unito (indipendentemente dal fatto che si trattasse di una cittadina britannica o della titolare di un permesso di soggiorno nel Regno Unito a tempo indeterminato) avrebbe, dopo un anno, la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno a tempo indeterminato.
Poiché nessun elemento probatorio (o argomento) relativo alla giustificazione del diverso trattamento del ricorrente rispetto ad un tal coniuge di persona presente e residente è stato mai dedotto dinanzi al giudice del rinvio né all'udienza dalla quale è scaturita l'ordinanza di rinvio 25 settembre 1998 né nelle osservazioni scritte o orali presentate dal resistente dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee né, infine, all'udienza da cui è scaturita la presente ordinanza di rinvio, malgrado l'invito da parte dell'Adjudicator a presentare un'argomentazione completa, l'Immigration Adjudicator chiede:
i) indipendentemente dalla soluzione della prima questione sopra indicata, se la sentenza della Corte 11 aprile 2000 nella causa in esame (causa C-356/98) debba essere interpretata nel senso che, alla luce delle circostanze della specie, vi è stata una discriminazione contraria all'art. 39 CE e/o all'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68.
ii) Se, in esito a un nuovo inquadramento dei fatti, sussista una discriminazione contraria all'art. 39 CE e/o all'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68».
Sulle questioni pregiudiziali
37.
Per poter dare al giudice del rinvio una risposta utile, occorre cominciare dalla seconda questione posta.
Sulla seconda questione
38.
Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se la soluzione data dalla Corte alle questioni pregiudiziali nella citata sentenza Kaba sarebbe stata differente ove la Corte avesse considerato, da una parte, il fatto che la situazione, nel diritto nazionale, del coniuge di un lavoratore migrante cittadino di uno Stato membro diverso dal Regno Unito e quella del coniuge di una persona «presente e stabilita» nel Regno Unito sono paragonabili sotto tutti i punti di vista, salvo per quanto riguarda la durata del periodo di soggiorno, anteriore alla domanda, richiesto ai fini della concessione di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato nel territorio del Regno Unito e, dall'altra parte, che le autoritàcompetenti del Regno Unito non hanno fatto valere alcun argomento per giustificare una tale differenza di trattamento.
39.
In via preliminare, occorre ricordare che l'efficacia propria della sentenza pregiudiziale non osta a che il giudice nazionale destinatario della sentenza stessa possa ritenere necessario rivolgersi nuovamente alla Corte prima di dirimere la lite principale. La domanda può essere dovuta al fatto che il giudice nazionale si trova di fronte a difficoltà di comprensione o di applicazione della sentenza, ch'egli sottopone alla Corte una nuova questione giuridica o infine ch'egli le sottopone nuovi dati di valutazione atti ad indurre la Corte a risolvere altrimenti una questione che era già stata sollevata (ordinanza 5 marzo 1986, causa 69/85, Racc. pag. 947, punto 15).
40.
Peraltro, secondo costante giurisprudenza, poiché la facoltà di formulare le questioni è attribuita unicamente al giudice nazionale, le parti non possono modificarne il tenore (sentenze 15 giugno 1972, causa 5/72, Grassi, Racc. pag. 443, punto 4, e 21 marzo 1996, causa C-297/94, Bruyère e a., Racc. pag. I-1551, punto 19).
41.
Ne consegue che la Corte deve in linea di principio limitare il proprio esame agli elementi che il giudice del rinvio ha deciso di sottoporle. Per quanto riguarda l'applicazione della normativa nazionale pertinente, la Corte deve pertanto attenersi alla situazione che il detto giudice ritiene accertata e non può essere vincolata dalle ipotesi formulate da una delle parti della causa principale, che il giudice nazionale si limita a riportare senza prendere posizione al riguardo.
42.
Quanto alla questione se il coniuge di un lavoratore migrante cittadino di uno Stato membro diverso dal Regno Unito si trovi in una situazione paragonabile sotto tutti i punti di vista a quella di una persona «presente e stabilita» nel Regno Unito ai fini della concessione di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato nel suo territorio, il giudice del rinvio osserva che, in base alla sua valutazione, le due situazioni differiscono solo per la diversa durata dei periodi di soggiorno richiesti a queste due categorie di persone.
43.
Occorre tuttavia precisare che la questione se l'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/98 osti all'applicazione di una normativa nazionale in quanto discriminatoria è una questione d'interpretazione del diritto comunitario.
44.
Pertanto, la questione se due categorie di persone si trovino in una situazione paragonabile e debbano perciò godere di un vantaggio sociale alle stesse condizioni è parimenti una questione di interpretazione del diritto comunitario.
45.
Ne consegue che l'accertamento, da parte di un giudice nazionale, che due categorie di persone si trovano in una situazione paragonabile dal punto di vista deldiritto nazionale non osta a che la Corte consideri, se del caso, che queste due categorie presentano differenze per quanto riguarda il diritto comunitario.
46.
Nel caso di specie la Corte ha dichiarato, al punto 30 della citata sentenza Kaba, che, allo stato attuale del diritto comunitario, il diritto di soggiorno dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro non è incondizionato. A tale riguardo essa si è riferita, da un lato, alle disposizioni in tema di libera circolazione delle persone contenute nel titolo III della terza parte del Trattato e alle disposizioni di diritto derivato adottate per la loro attuazione e, dall'altro, alle disposizioni della seconda parte del Trattato, più in particolare all'art. 8 A del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 18 CE), il quale, pur conferendo ai cittadini dell'Unione il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, rinvia espressamente alle limitazioni e alle condizioni previste dal Trattato e dalle disposizione adottate per la sua attuazione.
47.
Occorre aggiungere che, per quanto riguarda più precisamente la situazione di un lavoratore migrante cittadino di Stato membro, il suo diritto di soggiorno non è incondizionato, in quanto è subordinato al mantenimento dello status di lavoratore o, se del caso, di persona in cerca di occupazione (v., a tale riguardo, sentenza 26 febbraio 1991, causa C-292/89, Antonissen, Racc. pag. I-745), salvo che tale diritto gli spetti in virtù di altre disposizioni del diritto comunitario.
48.
Per contro, dalle informazioni fornite alla Corte sulla normativa nazionale in questione nella causa principale, emerge che una persona «presente e stabilita» nel Regno Unito non è assoggettata ad alcuna restrizione per quanto riguarda la durata del periodo in cui essa può soggiornare nel territorio di tale Stato membro, e che essa, nel corso del suo soggiorno, non deve soddisfare alcuna condizione paragonabile a quelle previste dalle disposizioni del diritto comunitario menzionate al punto 46 della presente sentenza.
49.
Ne consegue che il diritto di soggiorno conferito da queste ultime disposizioni ai cittadini di altri Stati membri non è paragonabile sotto tutti i punti di vista a quello di cui gode una persona «presente e stabilita» nel Regno Unito in forza della legislazione di tale Stato membro.
50.
Poiché il diritto di soggiorno di queste due categorie di persone non è paragonabile sotto tutti i punti di vista, non lo è neppure la situazione dei loro coniugi, in particolare per quanto riguarda la questione della durata del periodo di soggiorno alla fine del quale può essere loro conferito un diritto di soggiornare a tempo indeterminato nel territorio del Regno Unito.
51.
Il giudice del rinvio fa tuttavia valere diversi elementi per dimostrare che le situazioni in questione sono paragonabili.
52.
Esso fa osservare, in primo luogo, che né il permesso di soggiorno a tempo indeterminato nel territorio del Regno Unito, né il diritto di soggiorno di unlavoratore migrante comunitario sono subordinati ad una condizione espressa quanto alla durata della loro validità. In secondo luogo, il permesso di soggiorno a tempo indeterminato decadrebbe nel momento in cui chi ne beneficia lascia il Regno Unito. In terzo luogo, alla stessa stregua dei lavoratori migranti di altri Stati membri, i titolari di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato nel Regno Unito potrebbero essere espulsi per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. In quarto luogo, l'EEA Order si applicherebbe non solo ai cittadini di Stati membri diversi dal Regno Unito, ma anche ai cittadini britannici e ai loro familiari quando rientrano nel Regno Unito dopo aver esercitato i loro diritti derivanti dal Trattato CE in un altro Stato membro.
53.
Occorre dichiarare che nessuno di questi elementi incide sulla fondatezza dell'interpretazione secondo cui le situazioni non sono paragonabili sotto tutti i punti di vista in quanto un lavoratore migrante cittadino di uno Stato membro diverso dal Regno Unito deve continuare a soddisfare determinate condizioni per poter mantenere il diritto di soggiorno, condizioni che non sono richieste ad una persona «presente e stabilita» nel Regno Unito.
54.
A tale riguardo non sono rilevanti né il fatto che tali condizioni non consistano in un'espressa limitazione della durata del soggiorno né il fatto che il permesso di soggiorno a tempo indeterminato possa anche, in determinati casi, cessare di produrre i suoi effetti. Il fatto che l'EEA Order sia parimenti applicabile a cittadini britannici è anch'esso privo di rilevanza in proposito.
55.
Del resto, da quanto precede risulta che il ragionamento della Corte nella citata sentenza Kaba è fondato sul fatto che le situazioni in esame non si possono equiparare e non sulla giustificazione di una differenza di trattamento tra il coniuge di un lavoratore migrante cittadino di uno Stato membro diverso dal Regno Unito e quello di una persona «presente e stabilita» nel Regno Unito, in quanto le situazioni disciplinate, rispettivamente, dagli artt. 255 e 287 delle Immigration Rules non sono paragonabili.
56.
Occorre di conseguenza risolvere la seconda questione nel senso che la soluzione data dalla Corte alle questioni pregiudiziali nella citata sentenza Kaba non sarebbe stata diversa se la Corte avesse tenuto conto del fatto che la situazione, nel diritto nazionale, del coniuge di un lavoratore migrante cittadino di uno Stato membro diverso dal Regno Unito e quella del coniuge di una persona «presente e stabilita» nel Regno Unito sono, secondo il giudice del rinvio, paragonabili sotto tutti i punti di vista salvo che per quanto riguarda la durata del periodo di soggiorno, anteriore alla domanda, richiesto ai fini della concessione di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato nel territorio del Regno Unito. Atteso che le situazioni non sono paragonabili in diritto comunitario, la questione se una tale differenza di trattamento possa essere giustificata non è pertinente.
Sulla prima questione
57.
Esaminando la seconda questione sollevata, la Corte ha
risposto ai dubbi che hanno indotto il giudice del rinvio a porre nuove
questioni pregiudiziali.
58.
Pertanto non occorre risolvere la prima questione.
Sulle spese
59.
Le spese sostenute dai governi del Regno Unito e olandese, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE,
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dall'Immigration Adjudicator con ordinanza 19 dicembre 2000, dichiara:
La soluzione data dalla Corte alle questioni
pregiudiziali nella sentenza 11 aprile 2000, causa C-356/98, Kaba, non sarebbe
stata diversa se la Corte avesse tenuto conto del fatto che la situazione, nel
diritto nazionale, del coniuge di un lavoratore migrante cittadino di uno Stato
membro diverso dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e quella del
coniuge di una persona «presente e stabilita» nel Regno Unito sono, secondo il
giudice del rinvio, paragonabili sotto tutti i punti di vista salvo che per
quanto riguarda la durata del periodo di soggiorno, anteriore alla domanda,
richiesto ai fini della concessione di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato
nel territorio del Regno Unito. Atteso che le situazioni non sono paragonabili
in diritto comunitario, la questione se una tale differenza di trattamento
possa essere giustificata non è pertinente.