Roberto Bin
Il figlio di Lady Chatterly
(in “Quad. cost.” 2002,
793-794)
Avevamo un legislatore pudico, un po’ sessuofobo, che per tutto il codice civile era riuscito a non nominare mai il sesso, neppure dove si accingeva a definire e disciplinare la famiglia, il matrimonio, la procreazione. Ma è finita da tempo, e il più moderno legislatore voyeurista ha cacciato la testa sotto le lenzuola per controllare se le cose procedono correttamente, se vi è consenso o violenza, di chi sono i gameti che girano e così via. L’antica e incontenibile, morbosa curiosità del prete confessore: la stessa irrefrenabile propensione al giudizio e alla condanna. Per fortuna siamo foderati di “carte” dei diritti e farciti di giurisprudenza liberale, perché altrimenti non vi sarebbe scampo e ogni “deviazione” verrebbe duramente punita.
Ma siccome diritti e tutele ci sono, ecco che la “moralizzazione” deve procedere dall’esterno, forzare ogni leva che possa incidere a protezione della morale sessuale: l’unica vera morale che abbia cittadinanza nella nostra costituzione, a quanto pare, visto che il “buon costume” non si ribella allo squartamento televisivo del corpo umano e all’esibizione a fini antropofagici dei suoi organi interni, ma gli ripugnano i percorsi erotici della sua superficie, al cui svelamento cerca di opporsi difendendo strenuamente ogni centimetro di tela. La legislazione perciò cerca di agire dall’esterno: ricorre alla leva premiale, e promuove la “famiglia legittima” ricattando, con l’esclusione da una serie di benefici, chi vuole condurre in altro, più romantico modo il proprio rapporto di coppia. Si ingegna di impedire la proliferazione di modelli educativi infelici, ed infatti la legislazione sull’adozione pretende l’omologazione assoluta alla “famiglia felice” (benché, ahimè, non benedetta dal dono divino della procreazione) e, con la scusante del non perfetto incrocio tra domanda e offerta di amore figliale, preferisce comunque in astratto la sana sicurezza dell’orfanotrofio ai pericoli devastanti derivanti da famiglie di fatto o da genitori “single”, dietro ai quali, orrore!, si cela di certo il morbo infettivo dell’omosessualità.
Ma il genio del male – storico alleato, si sa, della scienza – rischia di superare questi ostacoli, e di riprodursi attraverso altre vie. La fecondazione artificiale, appunto! E dunque l’angelo legislativo deve ricorrere alla lente e inseguire i gameti. I gameti devono essere di origine controllata e garantita e, soprattutto, non devono favorire il realizzarsi di un intollerabile adulterio medicalmente assistito! Il rilassamento dei costumi, cui purtroppo anche la Corte costituzionale ha concorso sin dalla sentenza che ha invalidato la repressione penale dell’adulterio femminile, ha impedito di circoscrivere il permesso alla fecondazione artificiale alle sole coppie legittime, come pure si era proposto di fare da parte dei parlamentari più consapevoli (il leghista Giorgetti, la tautologica Mussolini ecc.). Ma, in un mondo che viaggia con allegra sconsideratezza verso i 7 miliardi di umani, sterilità e infertilità sono considerati, se non più come una reato contro la stirpe, certo almeno come una piaga sociale da combattere: infatti il nostro legislatore – lo stesso che erige dighe contro la pressione demografica esterna - promuove e finanzia ricerche rivolte a porvi riparo o a “ridurne l’incidenza” (art. 2.1) all’interno. Ma nel frattempo?
Nel frattempo il legislatore disciplina il traffico dei gameti. I gameti devono essere prodotti all’interno della coppia, da soggetti consenzienti e vivi (o forse morti dopo aver espresso il consenso e prodotto il gamete: la capziosa interpretazione dei giuristi potrebbe insinuare infatti che il consenso possa essere espresso anche in forme testamentarie…), ovviamente di sesso diverso e maggiorenni, coniugati o conviventi, in età potenzialmente fertile. Vi è, come si vede, una certa omologia con i requisiti della adozione speciale, o forse un comune retaggio della dottrina dell’imitatio naturae. L’unica differenza di rilievo è che si accomuna alla famiglia legittima fondata sul matrimonio anche la coppia di fatto, purché convivente e eterosessuale. Qui forse il legislatore è rimasto influenzato da un’altra assonanza: l’assimilazione che la Corte costituzionale ha compiuto tra famiglia legittima e famiglia di fatto per ciò che attiene agli interessi dei figli. Non bisognerebbe stupirsene, perché la proposta di legge in questione è dominata, sin dalla sua disposizione d’esordio, da un favor per la tutela del concepito – che infatti è assimilata alla tutela dei diritti degli “altri soggetti coinvolti” - nonché dell’embrione e dei gameti: perciò l’assimilazione della famiglia di fatto a quella legittima sembra conseguente all’assunzione di un punto di vista che, movendo dall’interesse del figlio minore, ripercorre a ritroso l’intera linea della procreazione. Ma risalire questo percorso porta a delle conseguenze sorprendenti: la linea di distinzione tra legittimo e illegittimo si sposta progressivamente indietro. Non divide più né la famiglia matrimoniale da quella di fatto, né la filiazione legittima da quella naturale, né gli embrioni legittimi da quelli di incerto concepimento: la grande divisione “taglia” i gameti. Il medico non può fondere gameti provenienti da “donatori” che non siano maggiorenni, consensuali, eterosessuali, anagraficamente fertili, coniugati e conviventi (e comunque viventi). Se lo fa, va incontro a sanzioni penali pesantissime.
Il medico dunque non può ciò che la natura può. Intere nobili schiatte che hanno dominato l’Europa sono sopravvissute grazie a gameti “illegittimi”: palafrenieri, giardinieri e nobiluomini di Corte hanno provveduto a quel dono che ha salvato il regno dalla crisi dinastica ed ha stemperato l’eccessivo blu del sangue reale, troppo nobile e malato. Colpi di cannone e giubilo popolare hanno salutato l’evento, mentre il vecchio Re esibiva il reale fagottino con legittimo orgoglio, felice di intravedere nel nobile visino un certo stemperamento dei pesanti caratteri somatici della casata. Oggi queste antiche pratiche non sono affatto vietate: vietato è eseguirle con l’ausilio medico. Un po’ di piacere o almeno un po’ di vergogna nella procreazione deve essere conservato: se no il dolore del parto servirebbe ad espiare che cosa?